una docente impegnata nella didattica a distanza

Una docente nocerina di inglese parla di didattica a distanza. Come l’insegnamento si è adeguato alle nuove metodologie didattiche. «Eravamo pronti ma impreparati e senza indicazioni»
di Valentina Milite
una docente impegnata nella didattica a distanzaDa quando il 9 aprile è entrato in vigore il decreto-legge 22 dell’8 aprile 2020, è stata sancita definitivamente l’obbligatorietà per i docenti di svolgere attività di didattica a distanza e per gli studenti di seguire le lezioni online da casa.

Annamaria vive a Nocera ed insegna inglese in un istituto superiore nel vesuviano. Le chiediamo come sia cambiato il lavoro dell’insegnante con l’emergenza Covid.
«Il lavoro dell’insegnante con l’emergenza Covid è triplicato! Si lavora di mattina, di pomeriggio, a volte arrivano compiti da correggere anche la sera e benché si tenti di darsi degli orari, in realtà si finisce per restare tutto il giorno davanti al computer. Anche e soprattutto in questo noi docenti ci siamo dovuti reinventare. Sebbene il PNSD (Piano Nazionale Scuola Digitale) sia ormai attivo da tempo, in realtà il personale non era davvero formato per la didattica digitale a distanza. I colleghi più anziani hanno incontrato non poche difficoltà ad adeguarsi a questi nuovi strumenti e metodologie e ad essere sinceri probabilmente nessuno era realmente pronto. Anche perché, sin dall’inizio dell’emergenza, non sono arrivate istruzioni chiare ed un coordinamento univoco per tutti gli istituti; pure per cose fondamentali come ad esempio la scelta delle piattaforme da utilizzare per la DAD (didattica a distanza). Ogni istituto si è organizzato indipendentemente, facendo ricorso a diverse app di videoconferenze e a volte abbiamo avuto delle difficoltà per questo».
– Ad esempio? Che tipo di difficoltà?
«È capitato che i server fossero intasati e non si riuscisse ad avere una connessione stabile o di avere l’ingresso di disturbatori nelle classi digitali e quindi di essere obbligati a migrare su altre app in real time. E poi succede che qualche studente non riesca a connettersi perché dove abita non ha linea o non dispone dei mezzi per farlo (i dispositivi per chi ne necessitava sono stati forniti da poco) o che non possa ricollegarsi perché magari non può scaricare un’altra applicazione sul cellulare… e così si fa contemporaneamente lezione con alcuni collegati in chat, altri in chiamata, su app diverse e così via. Ci siamo aiutati tra colleghi, provando e seguendo video e tutorial online. C’è stato indubbiamente un impegno considerevole e tanta buona volontà da parte della classe docente, ma l’abbiamo fatto con dedizione, soprattutto per restare vicino ai ragazzi, non solo come insegnanti, ma anche educatori ed in generale umanamente, in un periodo così complesso anche da un punto di vista psicologico».
– Qual è stata la risposta dei ragazzi?
«Penso che i ragazzi abbiano apprezzato il nostro sforzo. Ho avuto dei riscontri positivi anche in termini di attenzione da parte di alcuni studenti, che non mi sarei aspettata. Nel mio istituto siamo riusciti anche a fare le lezioni di potenziamento a distanza con ragazzi BES (con bisogni educativi speciali) e non era scontato. Nel complesso sono orgogliosa della risposta positiva dei ragazzi, che si stanno impegnando benché abbiano saputo che quest’anno verranno promossi tutti. I debiti da recuperare però, quelli, li daremo lo stesso!».

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