Il tecnico siciliano ripercorre la fantastica cavalcata verso la cadetteria della sua squadra: «Emozioni indescrivibili, abbiamo sempre imposto il nostro gioco. Se tornassi indietro affiancherei Pastore nella costruzione dell’organico della B »
«Dopo quella partita con il Foggia avevo in programma di rientrare a casa in Sicilia. All’uscita dell’autostrada di Castel San Giorgio trovammo migliaia di tifosi in delirio che volevano festeggiare con noi e dovetti cambiare idea». Traspare ancora tanta gioia dalla parole di Gaetano Auteri, il condottiero di quella Nocerina che trionfò nel campionato di Prima Divisione, surclassando praticamente tutti gli avversari con un gioco spettacolare che ha fatto innamorare tutto il popolo molosso.
Dopo esattamente nove anni dalla gara dello “Zaccheria”, decisa dallo storico gol di Pomante, abbiamo deciso di ripercorrere quei momenti attraverso le parole dello “Special One di Floridia”.
Mister, quali sono le sue emozioni legate a quella giornata?
Porterò per sempre con me ricordi bellissimi. Conquistammo la matematica promozione in B in un ambiente indescrivibile, sommersi dall’affetto dei nostri tifosi. Un piccolo ricordo negativo è legato al comportamento dei foggiani. Piansero per tutta la partita, perché forse si aspettavano qualche regalo e a fine partita fui aggredito da un inserviente negli spogliatoi.
La stagione della Nocerina iniziò con programmi ben diversi dalla promozione in serie B. Quando si rese conto che l’impresa sarebbe stata possibile?
Avevamo costruito la squadra con l’obiettivo di vincere il campionato di Seconda Divisione. Ci ritrovammo in Prima Divisione grazie al ripescaggio e completammo il nostro organico per essere protagonisti. Le impressioni sono state positive sin da subito, anche perché costruimmo un bel gruppo di calciatori, molti dei quali provenienti da squadre importanti.
Di quel campionato si ricordano tante partite praticamente perfette, dominate per tutti i novanta minuti. Quale identifica come manifesto del suo gioco?
Di gare da incorniciare ce ne sono tante. Mi vengono in mente quella in casa contro il Foggia e le due contro l’Atletico Roma. Il momento decisivo credo sia stato all’inizio del girone di ritorno. Avevamo tre trasferte in quattro partite, contro Cavese, Barletta e Viareggio. Qualcuno pensava che potessimo steccare, visto che avremmo giocato in ambienti ostili con avversari alla disperata ricerca di punti salvezza. Portammo a casa nove punti, che ci permisero di aumentare il distacco dalle nostre inseguitrici.
L’annata in serie B mise in mostra una Nocerina a tratti devastante sul piano del gioco ma estremamente discontinua e la salvezza sfuggì per pochi punti. Dovesse tornare indietro quale errore non commetterebbe?
Sicuramente, terminato il campionato, non rientrerei a casa senza dare una mano al direttore sportivo nella costruzione dell’organico. Avrei potuto collaborare in prima persona, mettendo a disposizione le mie conoscenze e la mia credibilità nelle trattative con alcune società. Costruire una squadra è tanto importante quanto allenarla. Purtroppo abbiamo pagato un po’ di inesperienza, allestendo un parco giocatori non adeguato a un campionato difficile come quello cadetto. Avevamo carenze strutturali e di fragilità che ci costarono care in alcune occasioni. Siamo stati, comunque, sempre competitivi e la nostra retrocessione è stata più che dignitosa. Quando sono rientrato dopo l’esonero ci sono stati tanti momenti nei quali avremmo potuto conquistare la salvezza. Non ci siamo riusciti anche perché ci siamo comportati sempre bene. Peccato non aver avuto dall’inizio la squadra costruita a gennaio.
Nel successivo campionato di Prima Divisione una squadra probabilmente più forte di quella di due anni prima fallisce il ritorno in cadetteria. Cosa si è inceppato?
Quella stagione fu davvero particolare. Fino al 20 agosto eravamo in serie B, poi per la prima volta nella storia è stata cambiata una sentenza di primo grado che ci ha negato il ripescaggio. Il gruppo subì un grosso trauma psicologico e nelle prime partite pagammo dazio. Il campionato era più breve, visto che si disputarono solo trenta partite invece delle canoniche trentaquattro; perdere punti decisivi per strada ci costò caro, anche se a un certo punto eravamo in corsa anche per il primo posto. Tutti ricordiamo cosa è successo a Latina, avevamo la partita in mano ed eravamo a un passo dalla finale contro il Pisa, col vantaggio di giocare la seconda in casa.
Dovessero presentarsi le giuste condizioni sarebbe pronto a tornare a Nocera?
Di corsa. Sono fortissimamente legato all’ambiente di Nocera, alla città e ad una tifoseria così calda e passionale; ho l’anima rossonera. Sicuramente occorre un progetto serio e ambizioso, con una società solida come quella di dieci anni fa, con la quale sono tuttora in eccellenti rapporti. Senza determinate condizioni è difficile fare calcio a certi livelli.