La saggezza popolare e le “istruzioni per vivere meglio” in una breve raccolta sui detti e le frasi correntemente in uso nella nostra città fino alla fine del secolo scorso
di Anna De Rosa
Il proverbio? è un proficuo insegnamento, un monito che i genitori lanciavano ai propri figli e che questi a loro volta, davano ai propri discendenti. Essi permettono di capire meglio di quali e quante situazioni è costellato il nostro vivere quotidiano.
Così facendo si è inaugurata una tradizione orale che ha potuto racchiudere il pensiero di un popolo, la filosofia di un insieme di persone che condividevano gli stessi processi storici e le stesse difficoltà. E quali erano i proverbi più in uso a Nocera Inferiore? Vediamone alcunni:
«N’ zurate a Nucera e mmaritate ‘e Pavane». Chi non conosce questo proverbio, tutto nocerino? Sicuramente tutti noi lo avremo sentito, anche di sfuggita dalle nostre nonne, dai nostri genitori. Il detto era un invito a sposare una ragazza nocerina (le nocerine infatti erano molto apprezzate come mamme e massaie), ma si consigliava di cercare come marito un uomo paganese (ritenuti fedeli e laboriosi).
Di detti nocerini ce ne sono parecchi e che riguardano svariate categorie. Non può mancare il proverbio sportivo: «Ci rifaremo a Policoro». È nato dopo che, alla quarta partita del campionato di serie D 67-68, la Nocerina subì una sconfitta da parte del Matera. Secondo i giornali dell’epoca, l’allenatore dei molossi Elia Greco (nella foto ritratto quando giocava nel Napoli con Bruno Pesaola) nel dopogara dichiarò queste esatte parole ai cronisti, dal momento che il Policoro, ultimo in classifica, era ritenuto facilmente battibile. Ma contro ogni aspettativa il Policoro battè la Nocerina. Il detto è tutt’ora molto utilizzato per indicare che non esistono imprese scontate a priori.
Nell’ambito culinario, se così vogliamo dire, abbiamo: «Tu si ‘na pastenaca ‘e Nucera»: la “pastenaca” è un tipo di carota, e il detto si usa solitamente per additare le persone stolte. Se poi analizziamo le massime metereologiche troviamo subito: «Quanno Montalbino se mette ‘o cappiello, ‘e nuceres pigliano ‘o ‘mbrello»: Quando su Montalbino calano le nuvole, certamente ci sarà la pioggia.
Andiamo nel vissuto quotidiano per trovare altre lezioni di comportamento quali: «Cca’ ‘a pezza e cca’ ‘o sapone», “Qua gli stracci e qua il sapone”, che per estensione assume il significato di “Qua i soldi e qua la merce”. Detto in uso generalmente in buona parte della Campania e che si riferisce al baratto che avveniva, in genere nei cortili dei casali, tra le massaie che cedevano vecchi stracci al rigattiere ambulante (proveniente nel nostro caso generalmente da Pagani), il quale, in cambio, cedeva un pezzo di sapone artigianale. Di qui anche l’appellativo dato al rigattiere di “sapunaro”.
«Me pare a signora Scarfata»: la famiglia Scalfati, nel XVIII secolo, era tra le famiglie più ricche di Nocera. Aveva terreni e “case palaziate” a San Matteo, a San Biagio e a Capocasale. Nel linguaggio popolare il cognome Scalfati è deformato in Scarfata (naturalmente qui nella variante femminile), e molti intendevano nel senso di “riscaldata”, “fasulla”. Comunque lo si usa per donne “snob”.
Con «Sciore ‘e papagne, iamme a li Vagne» si fa riferimento alla festa della Madonna di Bagni, che si festeggia quando fiorisce il papavero, a giugno, ed era molto frequentata dai Nocerini, che solevano partecipare raggiungendo il Santuario a piedi.
Dai proverbi c’è molto da imparare, in quanto costituiscono un grande tesoro di saggezza popolare e di conoscenza delle nostre più antiche radici: “briciole di saggezza e istruzioni per la vita”.