Tradizionalmente, il termine viene tradotto con ‘giganti’. Ma la traduzione non fornisce in alcun modo una descrizione completa di questi esseri. Alcune fonti li descrivono come dotati di una forza sovrumana

di Eberardo Palmentieri

Chi erano i Nephilim, i misteriosi esseri citati nella Bibbia? Fino ad oggi, la maggior parte degli studiosi ha prestato poca attenzione a queste curiose creature di cui parla il testo sacro, semplicemente perchè la loro esistenza è archiviata nel novero della leggenda.

Ma siamo proprio sicuri che sia così? Forse, la Bibbia riporta l’antica testimonianza di esseri sovra-umani che un tempo abitavano il nostro pianeta? Di recente, ci sono stati alcuni tentativi di conciliare la mitologia con la scienza teorizzando che alla radice di questi antichi racconti possano esserci elementi di verità riportato nella forma di “leggenda”.

In questo contesto, i Nephilim sono stati associati a volte con gli “antichi umani”, ossia i possibili sopravvissuti di Atlantide che avrebbero contribuito alla ricostruzione del mondo post-diluviano, altre volte sono stati associati a quelli che vengono definiti “antichi astronauti”, cioè un gruppo di alieni che in passato avrebbe visitato il nostro pianeta, venendo riconosciuti come divinità.

Ma chi erano veramente i Nephilim? Un indizio sulla loro identità potrebbe essere svelato dall’analisi del loro appellativo: “nephilim”.

Tradizionalmente, il termine ‘nephilim‘ viene tradotto con ‘giganti‘. Anche la traduzione ufficiale della Chiesa Cattolica opta per questa scelta. Ma la traduzione del termine non fornisce in alcun modo una descrizione completa di questi esseri. Alcuni dizionari descrivono i Nephilim come giganti dotati di una forza sovraumana.

I Nephilim compaiono nell’Antico Testamento ben due volte. La prima volta nel libro della Genesi, la sezione della Bibbia che descrive i tempi remoti delle origini e poi, nella parte più vasta, il racconto dalla storia dei patriarchi Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuseppe. Il titolo “Genesi” significa “Origine” o “Generazione”.

In ebraico il libro è indicato con l’espressione iniziale Bereshìt, “In principio”. Nella parte prima, il libro affronta i grandi enigmi dell’esistenza: origini dell’universo e dell’uomo, quale sia il giusto rapporto dell’uomo con Dio, il problema del bene e del male, del dolore, della morte, la crescita dell’umanità e il suo differenziarsi nello scorrere del tempo. Il versetto che a noi interessa si trova al capitolo 6, versetti 1, 3 e 4:

“Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro delle figlie, i Figli degli Dèi (benei ha-elohim) videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli a loro scelta. […].

C’erano sulla terra i giganti (nephilim) a quei tempi – e anche dopo -, quando i Figli degli Dèi si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi”.

Osservando il passo, notiamo che, oltre agli uomini e alle loro figlie, vengono menzionati tre tipologie di individui: i Figli degli Dèi, i Nephilim e gli “eroi dell’antichità”. Cerchiamo di capire chi sono.

 

I Figli degli Dèi

Innanzitutto compaiono questi misteriosi Benei ha-elohim, letteralmente “figli degli dèi”. Chi sono costoro? Secondo quanto riporta la Bibbia, in un tempo remoto, esisteva una “progenie divina” che coabitava la Terra con gli uomini primordiali.

I primi scrittori cristiani, come Tertulliano e soprattutto Lattanzio, nel tentativo di spiegare l’origine di questi misteriosi personaggi, accolsero l’idea presente chiaramente nel Libro di Enoch che i Benei ha-elohim fossero gli angeli caduti, come sembra alludere anche il passo della Genesi.

Attenzione, però, si tratta di figli, quindi di una seconda generazione di dèi, la prole di entità che presumibilmente già abitavano sul nostro pianeta. Dunque, chi sono gli “elohim”?

Elohim, tradotto con “Dio” nelle moderne edizioni della Bibbia, è in realtà un sostantivo plurale: è il plurale di Eloah, in ebraico, infatti, il suffisso -im è utilizzato per rendere il plurale di un sostantivo.

Troviamo subito questo termine plurale nella frase iniziale della Genesi “Bereshit barà Elohim et hashamayim ve’et ha’arets”, che in italiano viene tradotta “In principio Dio creò il Cielo e la Terra”.

A quanto pare, secondo la Bibbia la creazione del mondo non è opera di un’unica entità che la cultura monoteista identifica come Dio, ma è frutto di un’azione congiunta di diverse entità. La stessa collaborazione è confermata nel momento in cui si decide di creare l’uomo. In questo caso, la traduzione dall’originale conserva il plurale quando il “simposio creativo” esclama: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza”.

Presa alla lettera, la Bibbia rivela la notizia che l’uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di un gruppo di entità considerate divine chiamate “elohim”. Ma chi sono costoro?

Mauro Biglino, è uno storico e scrittore italiano, specializzato nella traduzione dei primi codici in ebraico antico all’origine dell’Antico Testamento, come la Torah e la Tanakh, basandosi soprattutto sul più antico testo disponibile, il codice di Leningrado.

In base a questi studi, riportati nel suo libro “Il libro che cambierà per sempre le nostre idee sulla Bibbia – Gli dei che giunsero dallo spazio?“, è giunto a risultati sorprendenti, di natura ufologica, che si avvicinano molto alle conclusioni ottenute da Zecharia Sitchin..

Biglino è stato traduttore di ebraico antico per conto delle Edizioni San Paolo, la maggiore casa editrice cattolica, collaborazione che si è conclusa una volta iniziata la carriera da scrittore in cui porta alla luce le sorprendenti scoperte fatte in 30 anni di analisi dei cosiddetti testi sacri che da sempre sono state omesse.

Nella sua ultima opera, un successo editoriale clamoroso, superiore, forse, anche alle aspettative dell’autore, che già nel titolo suona come una promessa, Biglino interpreta così il significato della parola “elohim“:

“Il significato corretto è “gli splendenti”, individui molto superiori agli uomini, ma non spirituali. Quindi non dèi. Questo è un termine che non apparteneva alla cultura di chi scrisse, ma che è subentrato in un secondo momento, in un processo durato secoli.

Adamo ed Eva sono i progenitori dell’homo sapiens. E non sono stati creati dal nulla, ma su di loro gli Elohim sono intervenuti con l’ingegneria genetica, dando come un colpo di acceleratore all’evoluzione umana. Adamo, come nome, significa “quello della terra”, insomma nato su questo pianeta.

Letteralmente è più corretto tradurlo “il terrestre”, per distinguerlo evidentemente da chi terrestre non era. Eva invece è Hawà, ovvero “la madre dei viventi”, insomma la progenitrice di tutta la specie umana”.

Insomma, ce n’è abbastanza da rimanere a bocca aperta. Inoltre, Biglino ha le idee molto chiare anche sul valore da dare a quello che è scritto nella Bibbia:

“Quello che scrivo oggi, e che ripeto nelle mie conferenze per l’Italia, deriva da una lunga esperienza di traduzioni letterali. E quello che racconto nel libro è ciò che per primo ha stupito me.

Sono convinto che la religione nella quale siamo stati educati sia nata, in realtà, da un contatto tra l’umanità ed esseri tecnologicamente superiori. La Bibbia è una storia vera, racconta episodi concreti, ma poi con il passare del tempo si è perso il contatto con questa “fisicità” ed è subentrata l’elaborazione teologica”.

Tornando ai “Figli degli Dèi”, possiamo supporre che costoro fossero la seconda generazione degli “splendendi”, gli Elohim, i quali erano giunti sulla Terra e avevano già avviato la creazione dell’uomo.

 

I Nephilim

Nel racconto fa la sua comparsa il termine ebraico ‘nephilim’, tradotto nelle nostre Bibbie come “giganti”. L’autore del testo sacro tiene a precisare che mentre i Figli degli Dèi erano intenti ad accoppiarsi con le Figlie degli Uomini, i Nephilim erano sulla Terra, e anche dopo!

Si ritiene che la parola “nephilim” derivi dalla radice del verbo ebraico ‘nafàl‘, che significa cadere. Sull’interpretazione del termine i pareri degli studiosi divergono. Nei circoli biblici, la radice ha fatto pensare ai Nephilim come ad angeli decaduti. Tuttavia, il termine nafàl non può essere direttamente collegato a questo concetto.

Come spiega Biglino in una intervista rilasciata, secondo Zecharia Sitchin, il termine deriva dal verbo nafàl e significa “coloro che sono caduti” ma sappiamo che esiste una notevole differenza semantica tra “cadere” e “scendere, venire giù”: il verbo “scendere” porta chiaramente in sé il carattere dell’intenzionalità, che non risulta invece presente nell’atto del “cadere”, un’azione che normalmente si subisce.

Proprio su questo aspetto pone l’accento Michael Heiser della Wisconsin University. Egli sostiene che nephilìm non deriva da nafàl perché la sua vocalizzazione differisce dalle usuali derivazioni di tale radice e, di conseguenza, non gli può essere attribuita l’intenzionalità insita nello “scendere”.

Nella questione interviene il docente universitario Ronald Hendel – Università di Berkley – che documenta come l’uso del verbo nafàl con il significato di “cadere” sia presente in atri punti nella Bibbia e afferma che nephilìm rappresenta la forma “qatil” del verbo, che può essere vista quindi come il passivo aggettivale della radice nafàl con il significato di “cadere”: in sintesi si tratterebbe di una sorta di aggettivo coniugato.

Per contro, lo studioso cita un passo del capitolo 32 di Ezechiele in cui il verbo nafàl indica con chiarezza una discesa volontaria operata da guerrieri. Non pare dunque una forzatura estendere il significato di nephilìm e attribuirgli, come per yaràd, sia il valore di un “cadere involontario” sia quello di uno “scendere in modo intenzionale”.

Rimane quindi aperta la questione se i Nephilim sia caduti passivamente dal cielo, oppure siano venuti volontariamente dal cielo. Traducendo nafàl come cadere o venire dal cielo, molti autori credono che Figli degli Dèi e Nephilim siano sinonimi, o che comunque i Figli degli Dèi siano i figli del Nephilim, i dèi della prima generazione.

Tuttavia, è interessante un’altra possibile ipotesi sulla base di una traduzione differente di nafàl, da intendersi come “prostrarsi”, “abbassarsi”, “servire”. In questo senso, nephilim potrebbe significare “coloro che si sono prostrati” o “coloro che sono stati costretti a prostrarsi”.

E’ possibile che una razza di antichi uomini pre-diluviani sia entrata in contatto con una civiltà aliena che li abbia costretti a prostrarsi ai loro piedi? Oppure, costoro, sedotti dalle lusinghe dei visitatori hanno deciso deliberatamente di mettersi al loro servizio abbagliati dalla potenza e dalle meraviglie da loro compiute?

La seduzione delle origini e l’ipotesi rettiliana

Quasi tutte le culture umane hanno miti che raccontano di una “colpa di origine”, di un evento antico che avrebbe “deviato” l’uomo dal suo percorso evolutivo naturale. Il più conosciuto è sicuramente quello raccontato dalla Bibbia e secondo l’interpretazione di un autore cristiano del III secolo, Ireneo di Lione, quello di Adamo è stato un peccato d’impazienza, un voler bruciare le tappe.

Se consideriamo l’homo sapiens, si rimane sconcertati nel considerare che il genere homo è comparso sul pianeta solo 2 milioni di anni fa e, attraverso una rocambolesca serie salti evolutivi, è giunto a costruire – praticamente dal nulla – le prime città moderne in Mesopotamia circa 6 mila anni fa, per giungere, in poche migliaia di anni, a passare dal cuneiforme all’informatica e dall’esplorazione dei territori abitabili all’esplorazione spaziale. Perché l’Homo Sapiens è così veloce?

Secondo l’ipotesi di David Icke, alcuni alieni rettiliani, sotto le mentite spoglie umane di uomini pubblici, hanno preso il controllo del nostro pianeta impedendo all’umanità la normale evoluzione spirituale, sociale e tecnologica. Il fine di costoro sarebbe quello di schiavizzare l’umanità e impossessarsi definitivamente delle risorse planetarie (umanità compresa).

Le idee contenute nel libro Figli di Matrix, apparentemente originali e stravaganti, ma convalidate da una lunga e scrupolosa serie di prove documentate, la nostra vita sul pianeta Terra non è altro che un inganno gestito da forze extraterrestri, intraterrestri e interdimensionali per tenerci in una prigione mentale, emozionale e spirituale.

Siamo intrappolati in una gamma di frequenza, la matrice appunto, e il “mondo” che vediamo intorno a noi è solo una minuscola frazione di un’infinità multidimensionale.

È interessante il fatto che nel racconto biblico del peccato originale, il seduttore dell’umanità abbia le sembianze di un serpente. Secondo il racconto della Genesi, il serpente propone ad Adamo ed Eva una via alternativa a quella prevista dall’ordine cosmico per “diventare come Dio”.

Che significa? Secondo alcuni esegeti, Adamo ed Eva intravedono nella proposta del serpente la via dell’immortalità che li renderebbe simili a Dio. Altri, invece, vedono nella proposta la possibilità per l’umanità di stabilire da sola cosa sia bene e cosa sia male, senza nessuna autorità esterna.

Il serpente propone all’uomo di diventare dio di se stesso, infatti, all’obiezione di Eva il serpente risponde serafico: “Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male”. Non è più il creatore a stabilire cosa è buono o male, ma la creatura.

Altri ancora, hanno interpretato il racconto del peccato originale come una scorciatoia evolutiva offerta all’umanità per agirare un processo che probabilmente sarebbe durato migliaia (se non milioni) di anni. Il serpente si sarebbe fatto portatore di capacità tecnologiche e culturali che gli uomini avrebbero sviluppato naturalmente e in perfetta armonia con le leggi cosmiche dell’universo.

In questa interpretazione si incrociano i racconti della mitologia sumera su Enki (portatore della civiltà) e anche il mito di Prometeo, il quale ruba il fuoco agli dei per consegnarlo agli uomini. Il breve arco di tempo nel quale l’umanità si è evoluta lascia sconcertati alcuni antropologi. Rispetto ai tempi della natura, l’uomo sembra una saetta comparsa sul pianeta.

Ed è una evoluzione che effettivamente non è completamente in armonia con il cosmo: il costo di questa veloce evoluzione è stata la separazione dell’uomo dalla natura e la conseguente distruzione del pianeta (l’eden), la separazione tra gli uomini (torre di babele) e la conseguente perdita di unità d’intenti e l’alienazione degli individui. In questa prospettiva, il serpente ha incarnato il simbolo del diavolo (diabolos = ciò che separa).

Il Libro dei Numeri

Il termine Nephilim torna nella Bibbia la capitolo 13, versetto 33, del libro dei Numeri, la narrazione del viaggio che porta il popolo d’Israele dalle pendici del monte Sinai sino al confine della terra promessa. Si legge così:

“La terra che abbiamo attraversato per esplorarla è una terra che divora i suoi abitanti; tutto il popolo che vi abbiamo visto è gente di alta statura. Vi abbiamo visto i giganti (nephilim), discendenti di Anak, della razza dei giganti, di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste, e così dovevamo sembrare a loro”.

La Bibbia conferma che i Nephilim sono esseri di alta statura. Per non allungare ulteriormente l’articolo, vi rimando a tre post pubblicati in precedenza sui giganti e gli indizi della loro esistenza:

E’ interessante notare la menzione dei “discendenti di Anak”, la cui radice del nome rimanda agli Annunaki dei Sumeri, resi famosi dagli studi di Sitchin.

 

Gli eroi dell’antichità

Il testo biblico afferma che dall’unione dei Figli degli Dèi e le Figlie degli uomini, sotto l’impassibile sguardo dei Nephilim, vengono generati gli eroi dell’antichità. Di fatto, ci troviamo di fronte ad essere ibridi, metà dio e metà uomo. Come interpretare questa sconcertante conclusione dell’autore biblico?

Zecharia Sitchin ed Erich Von Daniken hanno scritto libri sostenendo che i Nephilim siano i nostri antenati e che noi siamo stati creati (con l’ingegneria genetica) da una razza aliena (per i sumeri gli Annunaki).

Fin dal suo primo libro, Il pianeta degli dei, Zecharia Sitchin afferma che gli Elohim biblici che dissero “Creiamo Adamo a nostra immagine e somiglianza” siano stati gli dei della Sumeria e di Babilonia, gli Anunnaki, giunti sulla Terra dal loro pianeta Nibiru.

Secondo l’autore, Adamo fu geneticamente progettato circa 300.000 anni fa, quando i geni degli Anunnaki vennero uniti a quelli di un ominide. Poi, secondo la Bibbia, vennero celebrati matrimoni misti.

Sulla Terra abitarono i Giganti, che presero in moglie le discendenti di Adamo, dando alla luce “uomini eroici”, figure che Sitchin riconduce ai semidei delle tradizioni sumere e babilonesi, tra cui il famoso re mesopotamico Gilgamesh, colui che rivendicò il diritto all’immortalità e Utnapishtim, l’eroe babilonese del Diluvio.

E’ possibile che siamo tutti figli degli dèi? Nel suo libro Quando i giganti abitavano la terra, che rappresenta la summa della sua opera, Zecharia Sitchin procede passo dopo passo attraverso l’analisi di un’enorme quantità di antiche scritture e manufatti, accompagnando il lettore fino alla stupefacente scoperta dell’ultima dimora terrena di una coppia di divinità Anunnaki, dove sembra custodita la risposta a questa domanda.

Insomma, le antiche fonti della saggezza umana, come quella rappresentata dalla Bibbia, prese alla lettera rivelano un passato evolutivo dell’uomo, molto più complesso e decisamente meno lineare di quello che ci è presentato dall’antropologia, per così dire, ufficiale.

Le implicazioni di tali riflessioni e ipotesi, se mai dovessero venire un giorno confermate dall’archeologia materiale, sono immense e costringerebbe gli esseri umani a rivalutare la loro posizione nel cosmo e a riformulare in maniera decisiva le domande più importanti che ci abitano: chi siamo e dove stiamo andando.

 

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