Nel 1953 la nostra città fu sede – nella sala Roma – di una grande manifestazione: “Convegno per la difesa della libertà dei lavoratori nocerini”. Erano i tempi in cui le donne “nelle fabbriche di conserve sono costrette a lavorare 15 e più ore al giorno con i piedi in acqua”
di Mimmo Oliva
Nel 1953 si tenne a Nocera Inferiore, nel cinema Sala Roma, un convegno che fu definito storico in quegli anni e che fu intitolato “Convegno per la difesa della libertà dei lavoratori nocerini”. Letta così sembra un’esagerazione ma dopo essermi documentato la questione mi è sembrata leggermente più chiara.
In quegli anni la nostra provincia era attraversata da grandi lotte per il lavoro. E’ vero che forse in maniera demagogica si parlava di “lotte per la rinascita e per la libertà” ma mobilitare diverse migliaia di lavoratori danno in qualche modo contezza di cosa stiamo raccontando. Praticamente quel giorno del 1953 si decise di contrastare con “più decisione e aggressività per la lotta in difesa della libertà e per il diritto della dignità umana” . Sì, è proprio così che vi è scritto nei documenti dell’epoca. I motivi che indussero a svolgere proprio a Nocera Inferiore quel convegno furono dei fatti molto gravi accaduti in alcune fabbriche della città, in quelle conserviere in particolare. Secondo i relatori che si successero a parlare sul palco della Sala Roma, era proprio in quelle fabbriche che i “padroni avevano creato un vero e proprio clima fascista, sfruttando al massimo i lavoratori per accumulare profitti”. A dir la verità, Nocera non era nuova a questo tipo di manifestazioni. Rispetto a tutto il resto della nostra Provincia vi era sempre stata una qualche reazione, nonostante “la P.S. sia molto più feroce, più accanita e più zelante contro i lavoratori per difendere i padroni”.
La verità è che forse si reagiva di più perché fu tra le prime città più industrializzate del Sud così come tra le prime a vedere in qualche modo una sorta di emancipazione delle donne dovuta senz’altro alle fabbriche conserviere stesse ed alle MCM che occupavano prevalentemente donne.
La Pubblica Sicurezza aveva gli stessi atteggiamenti delle altre parti d’Italia, né più né meno.
Torniamo per un attimo al convegno. Ciò che spinse a farlo a Nocera Inferiore fu in maniera particolare proprio la condizione a cui erano costrette le donne nelle fabbriche conserviere. Si parlava di casi eclatanti e di donne che “nelle fabbriche di conserve sono costrette a lavorare 15 e più ore al giorno con i piedi in acqua e con un minimo guadagno, senza parlare delle querele per due padroni che avevano bastonato due operaie”.
A dir la verità episodi come quelli descritti ne accadevano decine ogni giorno, per non parlare del non rispetto della paga oraria che portava a sicuro licenziamento in caso di proteste, seppur timidamente accennate. Per non parlare poi del numero spropositato dei sorveglianti nelle fabbriche che a volte ammontava a circa un terzo dei lavoratori occupati, le MCM ne erano l’esempio lampante, tanto è vero che furono definite un “campo di concentramento”. Per chi si dimenava sul quel palco “le uniche leggi che esistevano erano quelle dell’arbitrio, delle rappresaglie, del licenziamento, del supersfruttamento bestiale”. Questo era il linguaggio nel 1953.
Se però la petizione lanciata raggiunse le 7000 firme nella sola città di Nocera Inferiore “per la difesa della libertà dei lavoratori e del popolo nocerino” fu l’atteggiamento del Commissariato di P.S. che vietò l’affissione di un manifesto a favore del Primo Maggio autorizzando invece “i fascisti, che il 25 aprile distribuivano volantini non autorizzati, che insultavano la Resistenza”. Del resto erano passati solo dieci anni dal 1943 e le Istituzioni si stavano ancora ripulendo.
Dal 1953 ad oggi sono passati più di 60 anni e molte cose, seppur in maniera più sottile e subdola continuano ad accadere. Non sembra, ma di questo ne parleremo in seguito.