Riceviamo e pubblichiamo il comunicato dello studio legale dell’avvocato Rosario Iannuzzi che vuole agggiornare i nostri lettori sul processo in corso contro il titolare della cava di Montalbino per le tragiche vicende del marzo 2015

L’altro ieri (giovedì 15) si è tenuta, dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore, la seconda udienza del processo “bis” contro Franco Amato, titolare della cava di Montalbino, imputato per la frana del marzo 2005 e la morte delle tre persone travolte.
Dopo l’annullamento in Corte di cassazione della prima condanna (per un mero problema di notifica) e dopo altre lungaggini, uno spiraglio di luce si è aperto su questa triste vicenda giudiziaria: finalmente anche questo secondo processo ha superato le fasi iniziali ed è stato aperto il dibattimento che continuerà giovedì prossimo 22 novembre 2018.

Ricordiamo che nel primo processo sono state già accertate le responsabilità penali e civili del titolare della cava per la frana e la morte delle tre vittime (nel punto dove si verificò la frana era stata creata una strada a servizio della cava mediante un taglio della montagna, circostanza accertata nel processo).
Purtroppo, dopo averlo già fatto nell’udienza preliminare bis dell’anno scorso, ancora una volta, il legale dell’imputato ha chiesto la concessione al suo assistito delle circostanze attenuanti generiche, per beneficiare dell’abbreviazione della prescrizione (a sette anni e mezzo invece di quindici) dei reati di omicidio colposo plurimo e frana colposa e così avere l’immediato proscioglimento dal processo.
{loadmoduleid 276} Per questo siamo estremamente indignati e rivolgiamo un appello al giudice Donnarumma, che deciderà nella prossima udienza, confidando nella sua sensibilità e professionalità di attento magistrato, affinché respinga questa che sarebbe una ennesima offesa alla memoria delle vittime, al dolore dei parenti ed alla costernazione della comunità nocerina!
Quello che è accaduto nel 2005 è di una gravità tale che nessuna attenuante può essere riconosciuta ad Amato considerato anche che ha studiato geologia, sapeva bene di svolgere un’attività imprenditoriale pericolosa, ed era anche direttore tecnico della cava.
Ed oggi Amato continua pure lo sfruttamento, a fini di profitto, del versante montuoso anche grazie ai continui permessi dati, con estrema facilità, dalla Regione Campania.
Dopo tre morti, due famiglie distrutte, un versante montuoso devastato, tredici anni di vicende giudiziarie paradossali ed attesa per i parenti delle vittime e la collettività, pretendiamo, dopo aver saputo la verità, che sia fatta finalmente giustizia.
Invitiamo tutti a partecipare alle prossime iniziative della Rete a Difesa del Territorio e ad unirsi a noi nel gridare ancora “nessuna attenuante per gli speculatori sulla pelle delle persone!”.

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