Una volta si usava dire “Dimme a chi si’ figlie e te dico a chi arrassumiglie”, così è per noialtri italiani, eredi coatti e inconsapevoli della nostra storia plurisecolare

I modi di essere dei popoli, i loro comportamenti, i loro costumi, i loro “reggimenti” come diceva Machiavelli, oggi diremmo le loro istituzioni politiche, sono sempre diretta filiazione della loro storia, la quale a sua volta è figlia della natura, della collocazione geografica e del clima.
Come per i singoli individui una volta si usava dire “Dimme a chi si’ figlie e te dico a chi arrassumiglie”, così è per noialtri italiani, eredi coatti e inconsapevoli della nostra storia plurisecolare, e che invece c’illudiamo di essere artefici del nostro destino, alternando la nostra coatta vocazione al servilismo e al complesso d’inferiorità a sporadici conati di libertà e di orgoglio nazionale, due cose che non abbiamo mai posseduto se  non in quantità di gruzzolo esclusivo di pochi spiriti eletti. E la storia plurisecolare ha ficcato nel nostro DNA, come accade agli altri animali, quale mutazione genetica, l’ereditarietà di due caratteri acquisiti, la rissosità preconcetta e insanabile tra fazioni contrapposte e l’avversione per i governanti.
Patrizi e plebei, feudatari e servi della gleba, popolo grasso e popolo minuto, villani e borghesi guelfi e ghibellini, bianchi e neri, Montecchi e Capuleti,  cattolici e eretici, contadini e possidenti, industriali e operai, liberali e socialisti, fascisti e comunisti, destra e sinistra, la nostra storia è fondata sull’odio. Perciò non ci interessiamo a ciò che “l’altro” fa o dice di voler fare e perché lo vuole fare, lo avversiamo per ciò che è, perché è “l’altro”, perché non è dei nostri, punto e basta.
E quel che è bello è che proprio quelli che si comportano così nella vita politica di tutti i giorni fingono di scandalizzarsi del razzismo, quando è proprio questo il razzismo: ti odio perché sei di destra, ti odio perché sei di sinistra, ti odio perché sei ricco, ti odio perché sei un poveraccio, ti odio perché sei cretino, ti odio perché sei ebreo, ti odio perché sei nero.
Ti odio perché sei il potere.
Che è l’altra mutazione genetica ereditata dalla nostra storia. Perché per secoli il potere in Italia è stato esercitato dallo straniero, Franchi, Longobardi, Tedeschi, Normanni, Svevi, Angioini, Mori, Spagnoli, Austriaci, la Chiesa, a sua volta con le scomuniche e i roghi, sicchè il potere è il nemico, e per di più tanto potente che non abbiamo neanche potuto imparare a ribellarci, ma soltanto a lamentarci e mugugnare. L’idea dominante è che il potere è il male, per cui è sacrosanto dovere fare cecchinaggio permanente su chi governa, sia esso il Re, Giolitti, Salandra, Mussolini, Renzi, Berlusconi l’Europa o i 5 Stelle. Invece una buona democrazia, specie ora che il voto è diventato mobile, tanto che è possibile liberarsene senza rivoluzioni, richiederebbe che il potere legittimamente conquistato lo lasciassimo fare, anche sbagliare, preparandoci a cambiarlo se ha combinato cose che non ci piacciono.

Ma forse ancora una volta è la storia che c‘impedisce di capire che cos’è la democrazia.

Aldo Di Vito
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Di Gigi Di Mauro

Giornalista con esperienza quasi quarantennale, è educatore e pedagogista clinico. Da oltre un ventennio si dedica allo studio della storia comparata delle religioni, ottenendo nel 2014 dal Senato accademico dell'MLDC Institute di Miami una laurea Honoris Causa in studi biblici. È autore di alcuni saggi, tra i quali uno sulle bugie di storia e religione

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