Furono migliaia le persone che il 17 marzo 1967 stettero per ore a naso in su, da Nocera a Salerno, a guardare un enorme oggetto triangolare che stazionava nei cieli. Ora tutti sembrano aver rimosso il ricordo malgrado l’eclatanza della cosa
di Giulio Caso
Spesso mi capita di menzionare cose, anche importanti, eclatanti, esperienze condivise con decine di persone e l’unico che ricorda sono io. Nessuno ricordava il terremoto del 1930 fino a che quello del 1980 ha sollevato la nebbia del tempo e qualcuno ha ricordato vari particolari.
Non c’è più alcuna persona che ricorda esattamente dove erano gli ingressi delle tufare a Nocera, eppure erano migliaia i cittadini che vi trovarono ricovero.
Gli anziani non ricordano cosa successe realmente con la caduta del lapillo nell’ultima eruzione del Vesuvio: gli stati d’animo, le azioni ed i comportamenti.
Potrei continuare a lungo.
Ho provato a chiedere a molti amici dell’oggetto osservato in cielo da centinaia di migliaia di persone a marzo del 1967. Solo mezzi sorrisi e pose difensive in attesa dello scherzo. Eravamo tutti a guardare, l’avvistamento durò delle ore, ci sono stati articoli (sia pur piccoli) sui giornali nei giorni seguenti. Anche in questo caso la stessa cosa.
Perché la gente dimentica? Quale meccanismo psicologico scatta, dopo qualche anno, ad annullare i ricordi? Perché poi l’incredulità, se gli viene riproposto l’episodio alla memoria?
Il 17 marzo 1967 ero a Salerno. Verso le ore 17 avvistammo l’oggetto in cielo e un fotografo del Centro Professionale Regionale, scattò varie foto; successivamente me ne diede una, sul retro feci le annotazioni riportate. Tornato a Nocera notai che l’oggetto era ancora visibile e restò tale per circa tre ore. Per combinazione mancò anche la corrente e molti furono quelli che rimasero a guardarlo, a lungo, dai tetti delle case. Il clima era scherzoso e noi più giovani cercavamo di spaventarci urlando da un terrazzo all’altro. Ho ritrovato la foto dell’oggetto avvistato; è difficile definirne la forma, l’oggetto era troppo lontano e soggetto al riflesso del sole, ma sembrava triangolare, a doppia punta. Il giorno dopo c’erano mini articoli sui giornali. Un dubbio mi è rimasto: “Ma quanto doveva essere grande per essere visibile per decine di chilometri intorno?”
Spesso mi capita di menzionare cose, anche importanti, eclatanti, esperienze condivise con decine di persone e l’unico che ricorda sono io. Nessuno ricordava il terremoto del 1930 fino a che quello del 1980 ha sollevato la nebbia del tempo e qualcuno ha ricordato vari particolari.
Non c’è più alcuna persona che ricorda esattamente dove erano gli ingressi delle tufare a Nocera, eppure erano migliaia i cittadini che vi trovarono ricovero.
Gli anziani non ricordano cosa successe realmente con la caduta del lapillo nell’ultima eruzione del Vesuvio: gli stati d’animo, le azioni ed i comportamenti.
Potrei continuare a lungo.
Ho provato a chiedere a molti amici dell’oggetto osservato in cielo da centinaia di migliaia di persone a marzo del 1967. Solo mezzi sorrisi e pose difensive in attesa dello scherzo. Eravamo tutti a guardare, l’avvistamento durò delle ore, ci sono stati articoli (sia pur piccoli) sui giornali nei giorni seguenti. Anche in questo caso la stessa cosa.
Perché la gente dimentica? Quale meccanismo psicologico scatta, dopo qualche anno, ad annullare i ricordi? Perché poi l’incredulità, se gli viene riproposto l’episodio alla memoria?
Il 17 marzo 1967 ero a Salerno. Verso le ore 17 avvistammo l’oggetto in cielo e un fotografo del Centro Professionale Regionale, scattò varie foto; successivamente me ne diede una, sul retro feci le annotazioni riportate. Tornato a Nocera notai che l’oggetto era ancora visibile e restò tale per circa tre ore. Per combinazione mancò anche la corrente e molti furono quelli che rimasero a guardarlo, a lungo, dai tetti delle case. Il clima era scherzoso e noi più giovani cercavamo di spaventarci urlando da un terrazzo all’altro. Ho ritrovato la foto dell’oggetto avvistato; è difficile definirne la forma, l’oggetto era troppo lontano e soggetto al riflesso del sole, ma sembrava triangolare, a doppia punta. Il giorno dopo c’erano mini articoli sui giornali. Un dubbio mi è rimasto: “Ma quanto doveva essere grande per essere visibile per decine di chilometri intorno?”
(Nella foto: l’oggetto apparso e le note autografe di Giulio Caso sul retro)