È un dolce dalle antiche tradizioni ed è uno dei gioielli della pasticceria siciliana con un ripieno tutt’altro che dietetico. Il «cucciddatu» viene considerato antenato del «panificatus» dei romani
di Maria Barbagallo
Se siete stati in Sicilia in estate, forse vi sarà capitato di imbattervi in fichi asciugati al sole su grandi tavole di legno infilati in lunghi fili di spago o «incannati» in spiedi di canne. Parte di questi fichi andranno a costituire, insieme a noci, mandorle, uvetta e quant’altro il ripieno di uno dei più antichi dolci siciliani consumato nel periodo natalizio: il buccellato o cucciddatu in siciliano.
Il suo nome deriva dal tardo latino buccellatum = sbocconcellato. L’etimologia della parola si riferisce alla buccina, tromba ricurva dei legionari romani per indicarne la forma rotonda. Da qui si ricavò il termine buccella che era il pane a forma di ciambella che gli imperatori distribuivano al popolo e il buccellaro era l’addetto alla distribuzione. Il nome venne poi storpiato in buccellato.
Inizialmente gli ingredienti e l’impasto venivano lavorati insieme. Molti secoli più tardi i due impasti vennero separati: uno per la crosta e uno per il ripieno. Alcuni studiosi ritengono che la ricetta risalga al periodo arabo-normanno, vista la presenza nel ripieno di scorze di agrumi e la sua vaga somiglianza allo strudel. Altri sostengono che risalga al tardo medioevo per l’abbondante presenza di frutta secca nel ripieno. Il buccellato è un impasto di pasta frolla di varie forme e misure (quella classica è a forma di ciambella) e la farcia varia a seconda delle zone in cui viene preparato.
Il ripieno tradizionale è quello di fichi secchi, frutta candita e cioccolato. Poi vi è quello con mandorle pelate, zuccata (zucca candita) e gocce di cioccolato. E poi esiste una terza versione che nasce dall’unione di fichi e mandorle. Al ripieno si possono aggiungere anche noci ed uva passa.
Il buccellato nella versione casalinga è ricoperto di glassa oppure decorato con frutta candita, mentre quello delle pasticceria ha sulla superficie dello zucchero a velo. La cottura avviene in forno e questo consente una lunga conservazione durante tutto il periodo natalizio, anche se vi assicuro finisce sempre prima. I palermitani quando incontrano un buccellato di qualità scadente usano definirlo «ammarra panza» cioè che appesantisce lo stomaco, non avendo il ripieno giusto che deve essere di consistenza morbida e profumare di agrumi.
Quella che vi proponiamo oggi è una delle tante varianti di buccellato
Per l’impasto: 300 gr. di farina – 125 gr. di burro – 50 gr. di zucchero – ½ bicchiere di marsala
Per il ripieno: 300 gr. di fichi secchi – 30 gr. di pinoli – 30 gr. di scorza d’arancia candita – 50 gr. di zuccata 30 gr. di cioccolato fondente – 200 gr. di uva passa – 50 gr. di noci sgusciate
Per la decorazione: pistacchi tritati – miele millefiori – ciliegie candite – confettini argentati – zucchero a velo
Impastare in una terrina farina, zucchero, burro e Marsala. Quando è ben amalgamato lasciare riposare per circa un’ora. Nel frattempo preparare il ripieno triturando tutto finemente, aggiungendo un po’ di zucchero. A questo punto stendere la pasta con un mattarello, sistemare il ripieno ed avvolgere a forma di ciambella. Con un coltellino ben affilato intagliare la superficie della pasta ancora cruda in modo da far vedere il ripieno. Adagiare su una teglia unta ed infarinata o ricoperta di carta forno. Spennellare con l’uovo battuto ed infornare a 180° per 30 minuti circa. A fine cottura tirare la teglia fuori dal forno, scaldare 4-5 cucchiai di miele e versarli sul buccellato, cospargere di pistacchi tritati e far cuocere per altri 5 minuti a 200°. Quando avrà raggiunto un colore brunito lasciarlo raffreddare fuori dal forno e guarnirlo con ciliegie candite e confettini argentati. Spolverare il dolce con un po’ di zucchero a velo prima di servire.