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La storia del confettificio nato prima ancora dell’unità d’Italia e tassello di una città che produceva per mezzo mondo. Il figlio Gennaro: «Il sorriso di un cliente soddisfatto era la sua migliore ricompensa»

di Annamaria Barbato Ricci

Non c’era ancora l’Unità d’Italia, era il 1854, e a Nocera Inferiore da 12 anni era arrivato anche il treno, col prolungamento della prima ferrovia italiana, la Napoli – Portici.

Stanislao Costabile inaugurò il suo confettificio nella nostra città; sua moglie, Michela Citarella, paganese, discendente dalla famiglia che guidava l’esattoria fiscale e daziaria, era la sorella del padre del mio bisnonno, Francesco Citarella. Il nome Gennaro era ricorrente in entrambe le famiglie: l’unico fratello di mia nonna si chiamava Gennaro; il figlio di Stanislao e Michela si chiamò Gennaro. L’ultima sorella di mia nonna fu battezzata Michela.
Un ulteriore matrimonio legò le famiglie, quello fra Maria Citarella, prima sorella di mia nonna, e Vincenzo Costabile. Sullo sfondo, aziende floride, che rappresentavano un volano economico importante in città: certo, il confettificio Costabile è ancor oggi sul mercato e difende una tradizione di bontà.
L’armatore e importatore ed esportatore di legnami Francesco Citarella morì poco più che quarantenne di peritonite, lasciando una vedova sgomenta e assolutamente ignara di amministrazione aziendale, e cinque figli, un maschio e quattro femmine. L’impresa non andò avanti, anche perché la vedova non ricevette alcun sostegno dalla sua famiglia paterna, i potenti armatori salernitani Jannone; la sua favolosa dote, che era stata interamente investita nell’azienda di famiglia e nella costruzione del palazzo in tufo nolano di via Garibaldi 32, era stata considerata l’assolvimento di ogni obbligo familiare.
Ricostruisco storie ormai coperte dalla polvere di un secolo e più molto dispiaciuta per la morte di Felice Costabile, l’erede del ‘segreto’ familiare della preparazione di confetti perfetti. Hanno costituito anche la delizia dei miei ospiti al mio matrimonio romano: tutti a sgranocchiare buonissimi confetti con una maxi mandorla di Avola, di quelle selezionate con attenzione alla qualità.
La storia del confettificio prende le mosse 163 anni fa e ci furono momenti di grande successo: come quando, durante le Grande Guerra, divenne fornitore ufficiale del Regio Esercito. All’epoca, i confetti non erano relegati alle occasioni matrimoniali, bensì erano un bonbon consumato dalla borghesia, come le caramelle e i cioccolatini.
In famiglia si favoleggiava della splendida villa a Posillipo abitata da zia Marietta col marito. I due non ebbero figli e, da zia affettuosa, lei riempiva di preziosi completini merlettati mio zio Pierino, classe 1917, e avrebbe voluto adottare zia Tilde, nata nel 1919. Morì poco dopo e il feretro fu portato con un treno speciale da Napoli.
Il vedovo voleva ‘sostituirla’ a stretto giro con la sorella minore, Michela, ma zio Gennaro (Citarella) lo respinse indignato.
Intanto, Stanislao e il figlio Gennaro (Costabile) avevano messo in piedi un dolce impero. Lo stabilimento, in viale San Francesco, produceva anche biscotti e caramelle; nei miei ricordi, vi è una foto – finita chissà dove – dove c’era zia Marietta circondata da donne che confezionavano pacchetti eleganti. Tutti gli uomini erano stati richiamati al fronte sul Piave e le donne si erano dovute rimboccare le maniche.
Quando, con Maria Rita Parsi, ho ricostruito la storia di Luisa Spagnoli, dalla quale è stato tratto il film per la TV, ho spesso pensato a quella foto sbiadita. Anche Luisa si trovò nella stessa situazione e con le sue donne consentì alla produzione di andare avanti.
Di Gennaro Costabile senior ricordo il negozio lungo il Corso, quasi in piazza Santa Monica (proprio non mi viene, Amendola) e poi trasferitosi nella piazza, dalle parti dell’attuale Brumms. Per noi del ‘Mercatiello’, la parte della città al di là dei binari, in piazza Zanardelli, non era d’itinerario e solo raramente capitavo da quelle parti, se mia madre e mia zia andavano in visita da amiche (a Sant’Antonio, la professoressa Annamaria Avvocato).
La morte di Felice Costabile, gran gentiluomo e sempre molto cerimonioso e cordiale – un tratto connotativo di famiglia -, mi ha riportato alla mente un ragionamento molto più ampio sulla struttura economica della nostra città, un affresco che spiega le sorti avverse di un territorio che conobbe una prosperità mai più toccata.
Era un vero e proprio distretto industriale, quello di cui il confettificio Costabile era un tassello: c’erano le cotoniere, le aziende conserviere, l’indotto, i mulini e i pastifici. Intorno, una terra feracissima, capace di dare più raccolti l’anno.
Le industrie erano condotte dai loro fondatori con attenzione e parsimonia; erano virtù che cercavano d’inculcare, a volte senza successo, nella loro prole, abbagliata dalle infinite possibilità di spendere denaro piuttosto che produrlo, affrontando la vita di sacrificio dei loro padri.
E’ questo vulnus etico che fu una componente importante della retromarcia innestata dal nostro Agro. Un’area che, a cavallo fra gli anni ’40 e ’50, fu locomotiva del miracolo economico. Mi pare di ricordare che Antonio Rossi, il mitico ‘Foto Napoli’, mi mostrò, quand’ero ragazzina, le immagini in bianco e nero di una grande Fiera campionaria: m’illudo o ci fu anche la presenza del Presidente Einaudi?
Poi, e solo poi, arrivarono le conserve cinesi (e le parmensi); poi, e solo poi, le frodi comunitarie; poi, e solo poi, la MCM divenne un ramo secco dell’ENI. A monte di tutto, però, a mio avviso, ci fu la perdita di tensione morale, di disciplina, di spirito di sacrificio dei fondatori, sopravanzati dalla facile esibizione del proprio iperbenessere.
Il confettificio Costabile, invece, tenne la barra dritta; Felice Costabile seppe onorare i principi etici dei suoi avi. È perciò che ci mancherà.

le foto dell’articolo, per le quali ringraziamo la cortesia di Gennaro Costabile, sono tratte da un vecchio catalogo della confetteria Costabile e risalgono a un periodo compreso tra il 1901 e il 1913. Nella foto a colori, don Felice negli ultimi tempi.

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