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La Cassazione da il via libera al tradimento per ripicca. Senza paura che possa diventare motivo di addebito nel corso di un divorzio. Infedeli, siete avvisati! wink

di Rosa Soldani

«Occhio per occhio, dente per dente» o «chi la fa l’aspetti»: sono solo alcuni dei detti e proverbi di uso comune secondo i quali ad ogni azione corrisponde una reazione da parte di chi la riceve, talvolta di uguale natura, come ripicca per l’eventuale torto subito.

Una sorta di teorema che nei secoli, a partire dalla legge del taglione, non sembra perdere la propria efficacia. L’uso della regola della «stessa moneta» non vale nel nostro ordinamento, ma talvolta ci si può andare vicino. Ebbene, la Cassazione ha stabilito con recente sentenza, la numero 3318 del 2017, che il coniuge fedifrago che venga a sua volta tradito per ripicca non può accusare il consorte di aver tenuto lo stesso comportamento e negare per questo l’addebito della separazione, perché in questo caso la reazione è dovuta ad un iniziale azione della quale chi si è comportato per primo in maniera sleale deve assumersi la totale responsabilità. Della serie «Sì, ma ha iniziato prima lui!», di fanciullesca memoria, che anche da piccoli spesso rappresentava buon deterrente per scamparla. Di fatto l’infedele potrebbe ritrovarsi «cornuto e mazziato» , secondo il consueto modo di dire neanche troppo nostrano, subendo a sua volta il tradimento e dovendo anche pagare il mantenimento in caso di richiesta di separazione. Insomma, tempi duri per i «traditori», che al momento per farla franca possono solo sperare nell’approvazione della legge che cancelli l’obbligo di fedeltà. Buoni presupposti per augurare a tutti buon San Valentino, no?

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