Il No ha stravinto: il popolo italiano è tornato a votare in massa come non succedeva dal referendum per l’acqua pubblica. Si ricomincia da capo.

Le strane alleanze per il Sì e per il No ora tornano a dividere le loro strade. 
Non si può dire che la pasticciata riforma proposta da Renzi, cui va dato atto di aver preso la corretta decisione delle dimissioni come da troppo tempo non si vedeva fare in Italia, non contenesse dei principi di cui anche chi verrà dopo di lui dovrà tener seriamente conto: la diminuzione delle sovrapposizioni di competenze tra Stato e Regioni, la diminuzione dei parlamentari, la soppressione di Enti veramente inutili come il Cnel, la riduzione delle spese della elefantiaca macchina burocratica statale, una sanità unica e uguale per tutti da Pordenone a Canicattì, per fare degli esempi.  
Cose a cui andrebbe aggiunta una seria rimodulazione di compensi di parlamentari e consiglieri regionali; un diverso inquadramento del periodo in cui si sono svolte le mansioni politiche nell’ambito di un normale rapporto lavorativo, andando a cumulare i contributi previdenziali a quelli della propria reale attività al di fuori del mandato elettivo (ricordo di averlo proposto, appena fu eletto, all’onorevole Tofalo, senza che questi si curasse, a dispetto dell’interesse manifestato, di approfondire la questione); una rilettura dei Regi decreti 2395 e 2960 del 1923 (chi ha detto che Mussolini ha fatto solo cose cattive?), attraverso i quali la macchina burocratica statale fu parametrizzata fissando una equivalenza tra stipendi e mansioni di impiegati di amministrazioni diverse, facendo corrispondere gerarchie di grado a gerarchia di stipendi ed evitando così che ogni amministrazione stabilisse autonomamente le retribuzioni dei suoi dipendenti. Madia ha provato (male) a fare qualcosa del genere, ma restano differenze enormi di retribuzione.
Ma anche il divieto di cumulare incarichi politici, il limite assoluto a due mandati elettivi in ogni tipo di rappresentanza del popolo per evitare la politica come professione, il divieto di assumere incarichi pubblici per almeno dieci anni dopo un mandato elettivo (così evitiamo, o almeno limitiamo, il fenomeno della sistemazione dei “trombati”); il ridisegno dei trasporti pubblici, di Rfi e Trenitalia (il traffico e l’inquinamento si combattono soprattutto con mezzi pubblici efficienti che non mi facciano sentire la necessità di ricorrere all’auto). E, perché no, anche la possibilità alle famiglie di dedurre dal reddito determinate spese, sul modello delle aziende: se si consente, per esempio, di dedurre le spese di manutenzione della prima abitazione difficilmente l’idraulico o l’elettricista andranno via senza emettere fattura. Vogliamo mettere i vantaggi sull’evasione fiscale?
Ora che il No ha vinto, c’è qualcuno che voglia seriamente occuparsi del rilancio dell’Azienda Italia? Fateci sapere.

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