«A volte siamo così coinvolti nel problema tecnico del suonare le note che dimentichiamo che il tutto deve avere un’espressività. E lei mi ha emozionato tantissimo»

di Marianna Boffardi

E’ stato un vero evento che ha emozionato tutti i presenti il recital musicale tenuto lunedì sera a Pagani, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico delle scuole pie musicali “san Giuseppe Calasazio”, dal violoncello di Raffaella Cardaropoli e dalla pianista Flavia Salemme.

«Sono due talenti, certamente – ci dice il maestro violoncellista di fama mondiale Ilie Ionescu (nella foto a sinistra, con la moglie) – Posso parlare di più di Raffaella che conosco da quando aveva otto anni. Ma anche la pianista è molto talentuosa, molto ispirata. La serata di lunedì per me è stata veramente un’emozione straordinaria, perché ho l’impressione che Raffaella ogni settimana diventi più brava e più espressiva. E’ un talento di cui, in un futuro non lontano, si parlerà sempre maggiormente. Per realizzare una buona carriera ci vogliono molti ingredienti, e ritengo che Raffaella li possegga tutti. Toccherà a lei poi decidere dove vuole arrivare».
– Come si potrebbe definire il talento di Raffaella, maestro?
«Il talento è una premessa e una promessa. La musica è un linguaggio codificato, che capisce chi abita a Seul come chi abita a Mosca o a New York. Chiaramente ha delle regole molto ferree, la sua grammatica. Il talento ti aiuta a risolvere prima i problemi. Però devi dedicare molto tempo alla musica ed essere molto critico con te stesso. Raffaella in questo senso è abbastanza critica e stiamo cercando di raggiungere il massimo dell’espressività. Deve parlare attraverso lo strumento, il violoncello in questo caso, e a lei questo riesce benissimo. Non si è mai infatuata dei risultati raggiunti, e negli ultimi tempi lei ha dato una svolta straordinaria alla sua espressività, liberando la fantasia e la sensibilità. Al concerto Raffaella è riuscita ad emozionarmi. Se questo recital fosse stato fatto al San Carlo ed al posto di Raffaella ci fosse stato un artista di fama sarebbe caduto giù il teatro!»
– La sua grande carriera è nota a tutti. Cosa consiglierebbe a chi, delle nuove generazioni, volesse affrontare lo studio della musica e di uno strumento?
«Lei mi da uno spunto veramente complesso, perché nell’ultimo periodo c’è stata un’accelerazione della vita sotto ogni aspetto possibile. Terribile accelerazione, direi. In un anno il mondo si evolve più di quanto prima facesse in 150 anni. Oggi i giovani non sanno più amare ed apprezzare le cose serie, quelle in cui devi mettere anche impegno. Oggi i ragazzi vanno al computer e vogliono ottenere quelle cose per le quali prima bisognava sudare. C’è meno abitudine a dedicare tempo a scoprire le cose. Questo toglie profondità di pensiero e di mescolare le tue conoscenze: non hai bisogno più di sapere le cose. Basta che clicchi su internet e ottieni quello che vuoi sapere. Ma non la fai tua, la cosa che leggi. La musica è un modo di espimere se stessi. Puoi evadere attraverso la musica in un mondo perfetto che è dentro di te. E vedere cosa realmente hai dentro è una forma di coraggio. La musica è come un balsamo che lenisce questi problemi».

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