In risposta ad un reclamo del Ministero dell’Istruzione, il giudice ha stabilito che i bambini potranno consumare il pasto portato da casa insieme a chi mangerà a mensa

di Rosa Soldani

La riapertura delle scuole, qualche settimana fa, ha riacceso i riflettori su una serie di argomenti cari alle famiglie, soprattutto dei discenti più piccoli, tra i quali l’opportunità di usufruire del servizio di mensa scolastica.

Negli anni passati, nel nostro comprensorio, non pochi sono stati gli episodi di denuncia di cattive condizioni igienico-sanitarie nella fornitura dei pasti per i bambini, che hanno molto allarmato i genitori, né sono mancati, talvolta, rincari del servizio con conseguenti difficoltà economiche per le famiglie. Il Ministero dell’istruzione, negli scorsi mesi, ha proposto reclamo contro l’ordinanza ottenuta in Corte d’Appello a Torino da un gruppo di genitori contrari al caro mensa, con la quale si estendeva il diritto di portare da casa il pasto da consumare nei refettori comunali. Il 13 settembre il Tribunale di Torino ha rigettato il reclamo, ribadendo il diritto delle famiglie e dei bambini di non usufruire del servizio di mensa scolastica ma della sola struttura del refettorio per il pranzo. Questa decisione, che potrà ancora essere appellata in Cassazione entro novembre, ha comunque già creato un importante precedente in tutta Italia. Se da un lato c’è chi esulta per quella che è stata allegramente ribattezzata «la vittoria del panino», dall’altro gli esperti e i sociologi lanciano un grido d’allarme rispetto al rischio di esclusione sociale che comporterà la distinzione dei pasti tra i bambini, che potrebbero avvertire disagio per questa «differenza di trattamento», essendo le mense un luogo di socializzazione ma anche di confronto. Una questione scottante, insomma, sulla quale in corso d’anno scolastico si farà certamente tanto parlare.

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