Mosè

L’attenzione di un nostro colto lettore e le sue osservazioni ci “obbligano” a ritornare sul tema delle variazioni che l’Antico Testamento ha subito nel corso dei secoli

«Caro direttore ho con me tutte le bibbie più in uso. Per quanto mi riguarda, mi sono dovuto limitare all’analisi esegetica dei vangeli dai testi greci originali, il Merk (testo greco-latino con l’elenco di tutti i manoscritti fino al III secolo), e nel mio piccolo non ho trovato sbavatura».

Così un nostro colto lettore amichevolmente “contesta” le mie affermazioni sulle numerose manipolazioni subite nel corso dei secoli dalla Bibbia.
Mi piace precisare che non sono affermazioni “inventate” dal ricercatore Gigi Di Mauro, che per quanto colto voglia essere resta – senza falsa modestia – un “signor nessuno”, ma provengono tutte dal mondo accademico sia ebraico che cristiano!
Una conferma definitiva che la Bibbia sia il testo più maltrattato, cancellato e riscritto e manipolato del mondo? Il fatto che dal 1958 un gruppo di studiosi ebraici, tutti docenti universitari, ha dato vita al Bible project (progetto Bibbia), per cercare di ricostruire un testo quanto più vicino possibile a quello originale. E che facciano sul serio lo si deduce anche dal tempo che si sono assegnati per portare a termine il progetto: 200 (si, proprio 200!) anni. Al momento si ha notizia che siano stati ricostruiti 11 libri, ma proprio per la delicatezza del tema trattato è difficile avere aggiornamenti sui progressi.
Tra l’altro la lingua ebraica comincia a nascere da un dialetto subfenicio non meno di tre secoli dopo i fatti raccontati nell’Esodo. Appare quindi improbabile che il Pentateuco (la Torah per gli ebrei) sia stata scritta da Mosè come leggiamo nel libro dell’Esodo ed altrove. Anzi, a dire il vero, non si ha alcuna certezza su chi abbia scritto i libri che compongono la Bibbia! Per esempio, di Ezechiele (1275 versi) forse sono attribuibili al profeta non più di 125 di essi. I 66 capitoli di Isaia sono stati scritti da non meno di tre persone diverse nel corso di 250 anni, come afferma anche il professor Angelo Penna, sacerdote, docente di Sacra Scrittura all’Istituto Pontificio Regina Mundi e consultore della Pontificia Commissione Biblica.La Bibbia ritrovata nel 2021 in Etiopia

In quanto ai Vangeli, ne esistono circa 2500 copie manoscritte, e nessuna di esse è perfettamente uguale alle altre!

Ma veniamo a dettagli che possono aiutarci a capire perché tante differenze. Della Bibbia esistono numerosi codici diversi, ognuno con la sua storia: il Codex Cairensis, più antico manoscritto ebraico contenente il testo completo dei Profeti, il Ms Or 4445, che contiene testi del Pentateuco, il Codex Aleppensis, che risale al X secolo, il Codex Leningradensis, quello vocalizzato dai masoreti tra il VI e l’VIII secolo dopo Cristo, da cui principalmente derivano le bibbie che abbiamo in casa, e il Codex Vaticanus – completo dalla Genesi all’Apocalisse di San Giovanni – scritto intorno al 325 d. C. in greco. Aggiungiamo anche il codice su pergamena, con le immagini perfettamente conservate, ritrovato nel 2021 in un antico monastero ortodosso negli altopiani del Tigray, in Etiopia, scritto in lingua ge’ez.
Tra essi ci sono molte centinaia di differenze, anche importanti. Se poi sommiamo a questi codici i testi biblici ritrovati a Qumran, che risalgono almeno al II secolo prima di Cristo, la Bibbia cosiddetta dei Settanta, traduzione greca fatta dagli ebrei in Egitto, ad Elefantina, nel III secolo prima di Cristo, la Vulgata di San Gerolamo (in latino), i Targûmîm, che sono le versioni in aramaico antico del Vecchio Testamento, la Peshitta, versione delle chiese siriache, e ancora il Pentateuco Samaritano (Toràh e Giosuè), in lingua ebraica, del IV secolo a.C., testo ufficiale della piccola comunità samaritana in Israele e Cisgiordania, la confusione è pressocché totale. Un esempio per tutti: Mosè in quasi tutte le versioni è un ebreo, ma per i Targûmîm è un egizio figlio di uno yahud, ovvero un appartenente alla casta sacerdotale degli yahudae (da cui si vuole derivata la denominazione di Giudea per il territorio), che operavano al servizio dei faraoni anche al tempo del celebre Akhenaton. I Targûmîm narrano che a fuggire dall’Egitto non sarebbero stati gli ebrei, ma esclusivamente egiziani (probabilmente fedeli ad Akhenaton) appartenenti a tre caste sociali (alta classe militare, casta sacerdotale e popolino). Questo spiegherebbe anche le ponderose ricchezze (sette tonnellate di preziosi, tra cui 1300 chili circa di oro) che portavano con sé e che se davvero fossero stati schiavi in fuga sarebbe stato difficile possedessero.
Tra l’altro gli ebrei, in quel periodo, non esistevano come identità etnica definita: lo asserisce anche il professor Lee I. Levine, docente di storia ebraica presso la Hebrew University di Gerusalemme, secondo il quale il “popolo ebraico” è il risultato di un processo svoltosi in tempi molto lunghi.
Una curiosità che sembra avvalorare questa tesi? Agli studiosi non sono affatto sfuggite le strane assonanze tra l’inno ad Aton, il disco del Sole di Akhenaton, e il salmo 104. Così come i dieci comandamenti che noi conosciamo sembrano davvero fin troppo ispirati alle 42 dichiarazioni che l’anima del morto doveva fare presentandosi ad Osiride per essere giudicato e sapere se poteva passare al regno della luce. Esse erano in forma negativa. Per esempio: non ho ucciso, non ho rubato, e così via.
Anche la Bibbia che noi abbiamo in casa alimenta il dubbio, perché quando Mosè incontra le figlie di Jetro/Rauel, che poi sarebbe divenuto suo suocero, viene definito “un egiziano” (Esodo 2, 16-19).

Dunque, per concludere facciamo in poche righe un riassunto su quanto abbiamo scritto in vari articoli: secondo diversi studiosi il testo biblico sarebbe stato riscritto completamente, o addirittura scritto per la prima volta, alla fine dell’esilio babilonese degli ebrei, nel 538 a.C. Questo spiegherebbe anche come mai la Genesi sia una copia pasticciata e ridotta di alcuni testi sumero-accadici. Di Yahweh, ovvero quello che oggi è il Dio padre cristiano, da quel momento in poi non c’è più traccia di presenza fisica, ed anzi con l’occasione vi fu una sorta di passaggio dei poteri dagli Elohìm ai sacerdoti, e gradualmente Yahweh diventò prima il più importante degli Elohìm e poi praticamente l’unico. Le tracce degli altri, però, lo abbiamo visto più volte, sono rimaste ben leggibili.
La Bibbia in realtà è il racconto delle gesta e della storia del popolo di Israele, nome assunto da Giacobbe (figlio di Isacco che era figlio di Abramo) e dei suoi eredi, e del patto stipulato tra questi e Yahweh, un “uomo di guerra” come la stessa Bibbia lo definisce. Yahweh era uno dei numerosi Elohìm che agivano in quel territorio e che avevano usi e modo di comportarsi esattamente sovrapponibili a quelli degli Anunnaki sumero-accadici ma anche degli dei del pantheon greco-romano. Di come poi sia diventato un libro sacro ne abbiamo parlato anche di recente.

Di Gigi Di Mauro

Giornalista con esperienza quasi quarantennale, è educatore e pedagogista clinico. Da oltre un ventennio si dedica allo studio della storia comparata delle religioni, ottenendo nel 2014 dal Senato accademico dell'MLDC Institute di Miami una laurea Honoris Causa in studi biblici. È autore di alcuni saggi, tra i quali uno sulle bugie di storia e religione