Il treno era il mezzo di trasporto di tutti, allora. La stazione era viva, allegra e operosa perché a Nocera i treni dovevano avere la “spinta” per proseguire il viaggio
di Carla D’Alessandro
Nel mese di giugno terminava la scuola, la mente correva alle vacanze estive e alle mattinate trascorse al mare in compagnia dell’acqua, del sole con un bel libro da leggere sotto l’ombrellone, il pomeriggio, finalmente libero dai compiti scolastici!
Sorgeva l’alba della bella stagione, il sole saliva alto nel cielo chiaro mentre mia madre spalancava le finestre della casa al Lupino secco. L’aria odorosa dell’estate entrava come una calda carezza e invitava ad uscire per assaporare quelle fragranze. Il terreno di fronte casa era coltivato e la contadina, avanti negli anni, raccoglieva i pomodori, le zucchine e i “sciurilli”.
Si faceva colazione velocemente per prendere il treno. Alla stazione ferroviaria c’erano altri ragazzi da soli o con i genitori, pronti all’avventura… una sacca in mano e il desiderio di tuffarsi nelle onde marine.
La stazione era viva, allegra e operosa perché a Nocera i treni dovevano avere la “spinta” per proseguire il viaggio. Il capostazione con la sua paletta e il fischietto dava la partenza al convoglio per Salerno. La massa dei bagnanti: giovani, bambini e anziani saliti su quei vagoni dai sedili di legno, scendeva a Vietri in una discesa festosa e giuliva, ciascuno pronto ad occupare un lembo del lido “mappatella” o per chi se lo poteva permettere i vari lidi con le cabine e gli ombrelloni. Noi scendevamo a Salerno e raggiungevamo il lido “La Conchiglia” a Torrione, dove ci aspettavano i nostri cugini coi quali condividevamo quelle calde mattinate lungo la battigia, facendo nuotate e tuffi sia in mare che sulle piscine di cui il lido era dotato.
Al rientro dalla spiaggia, sul treno che ci riportava a Nocera si ci ritrovava con il viso, il naso, gli occhi rossi e il corpo di brace. Un saluto veloce per ritrovarci tutti noi giovani, la sera, a passeggiare per il corso in discese e salite costellate di sguardi e risatine giulive.Le ragazze, in modo timido, guardavano i ragazzi che facevano battere loro i cuori e anche i giovanotti osservavano con una qualche riservatezza. Caratteristica comune ad entrambi erano i corpi arrossati dal sole e la luce degli occhi, che rifletteva il riverbero del mare, ricordo della spiaggia vissuta al mattino con leggerezza e spensieratezza, proprie dell’età giovanile.
Altre estati son tornate così come quest’anno, ma non è più tornata la gioia semplice di quell’età passata, nella quale noi ragazzi avevamo poco e ci accontentavamo dell’essenziale. Tenevamo però nel cuore la forza e la speranza che nella società odierna si è affievolita, sommersi come siamo, in questa nostra epoca, da un’estate cruenta e dolorosa nella quale vorrebbe vincere la paura e l’ansia. Ad onta di tutto il sole splende alto nei cieli, l’aria calda, lieve torna da accarezzarmi il viso, per cui voglio ancora conservare nell’anima la forza e la speranza per vivere il sogno di un futuro migliore da lasciare alle nuove generazioni del mondo e della mia città!