L’artista salernitano espone 15 suoi dipinti alla rassegna del Teatro delle Arti, che sarà aperta fino al 2 marzo. «La mia non è solo una pittura dove si evidenzia un certo realismo», ci dice
Damiano Durante, in arte Kosma, pittore definito sia realista che simbolista, torna ad esporre nella sua città nativa con la monografica “Nature Morte e Mitologia” dopo un lungo periodo trascorso negli Stati Uniti. Ha scelto di partecipare dal 3 febbraio al 2 marzo alla rassegna del Teatro delle Arti organizzata dal direttore artistico Antonio Perotti, ed ha voluto per la curatela il noto critico Alfonso Di Muro. Ha presentato 15 dipinti ad olio in cui cerca attraverso una spiritualizzazione dell’opera un totale annullamento della materialità.
«Durante è un pittore certamente simbolista – afferma il curatore Alfonso Di Muro -altri invece si lasceranno lusingare dall’evidente realismo che vede il mondo in modo fotografico e diranno persuasi: Durante è un nuovo maestro del naturalismo realistico, anzi un iperrealista senza nessuna ombra di dubbio! E la disputa nella tentazione potrebbe anche protrarsi a lungo, raggiungendo il culmine della temerarietà con l’individuazione nelle Nature Morte del nostro giovane maestro, di evidenti tracce di un mondo profondo, notturno, oscuro, rivelatore di quel subconscio così caro ai surrealisti… Tutte interessanti e accattivanti, le nostre tentazioni di fronte alla pittura di Damiano Durante, ma nulla a che vedere, a mio giudizio, con la logica dello sguardo e la nuova ontologia della visione che vengono fuori dalle sue opere, e che staccano tutto il suo operato figurativo da ogni possibile definizione, pur comprendendo nel suo vissuto le esperienze storiche della tradizione figurativa europea. Egli propone nei suoi quadri un “ritorno alle cose” (Husserl) del mondo, di quel mondo di cui la conoscenza e la pittura sempre parlano, coi rispettivi linguaggi, così come la geografia parla del territorio; la pittura è per Durante il luogo con cui si accede all’esperienza dell’Essere e da cui, per magia o per divina visitazione si dipanano una scia di analogie, di riferimenti simbolici, di rimandi interiori che tornano in superficie, sotto varie forme, chiamate dal nulla e prendenti la forma ora di un bicchiere, ora di una bottiglia, di una candela accesa, di uno strumento musicale, di un arbusto vegetale, di un dettaglio anatomico, di un viso, di uno sguardo, di un fiore, di un getto d’acqua, di un frammento di statua, di un tavolo piuttosto che una sedia, tutti elementi della realtà di cui il pittore intende svelarne i misteri latenti, le segrete anime, i legami più o meno profondi che li uniscono a noi». L’arte di Kosma ha subito forti cambiamenti: ha iniziato facendo riferimento ai “pittori classici”, in particolare al Caravaggio, e successivamente ha sperimentato la forma grafica che ha definito il suo stile.
«La mia non è solo una pittura dove si evidenzia un certo realismo – specifica l’artista – Gli elementi raffigurati fanno riferimento a un mondo profondo e oscuro del subconscio, che rimandano a certi sfondi iperrealisti magrittiani o a sensazioni di straniamento come nei dipinti di Dalì».