Una simpatica competizione ha permesso ad una golosa giuria di scegliere la migliore ricetta tra le trenta presentate da agguerrite concorrenti. Musiche corali e mostra di ceramiche hanno fatto da corollario alla gara
di Enrica Granato
Più che una tradizione, quest’anno a Roccapiemonte preparare degli ottimi struffoli è stata una vera e propria sfida: a contendersi lo scettro per la migliore preparazione, trenta casalinghe agguerrite che hanno partecipato al concorso “Lo struffolo d’oro” che si è tenuto domenica 5 gennaio a palazzo Marciani.
Patrocinata dal Comune, dall’assessorato alla cultura, sport e spettacolo e dal quotidiano “DentroSalerno”, la “dolce” competizione ha affiancato gli eventi presenti all’interno della manifestazione “Aspettando la Befana”, che anche quest’anno non ha deluso le aspettative dei più piccoli e non solo. Animazioni, canti natalizi eseguiti dal coro polifonico di Roccapiemonte (diretto dal maestro Rosita Gargano) e dal coro “Magnifica gente” (del centro di riabilitazione “villa Silvia“), esposizione di manufatti in ceramica (curata dal laboratorio “Aria Onlus” – “villa Silvia” che ha anche realizzato i piatti offerti ai tre vincitori) ed una Befana che ha distribuito i suoi dolcetti, hanno fatto da cornice al concorso per eleggere la migliore ricetta del tipico dolce meridionale: in giuria erano presenti l’assessore alla cultura Luisa Trezza, il presidente della Pro loco Agostino Torino, la direttrice di “Dentro Salerno” Rita Occidente Lupo, la presidente dell’associazione “Athena” Ornella Coccoli, e Vincenzina Grimaldi della Pro loco.
«E’ stata una bella integrazione tra i due cori e la manifestazione un successo – dichiara Luisa Trezza – Sono contenta ed entusiasta per la sua riuscita.L’impresa è stata assaggiare tutti gli struffoli presenti sul tavolo! Al cioccolato, tradizionali, al cocco, alle nocciole: una vera leccornia, offerta poi a tutti i partecipanti a cui dò appuntamento all’anno prossimo!»
«Struffoli gustosi – ha commentato Rita Occidente Lupo – ma il tocco è stato l’abilissimo coro di “villa Silvia”, che s’è esibito in canti natalizi strappando scroscianti applausi. La conclusione sull’inno mamelico fa capire che ogni giorno dell’anno è Natale se riusciamo a dar voce agli ultimi nella nostra vita, che costituiscono la vera dolcezza dell’esistenza».
«I sapore di ogni composizione era eccezionale! – aggiunge Ornella Coccoli – Il dolce tipico napoletano ha fatto da collante ad una serata che ha unito i bimbi del coro polifonico con i ragazzi di “villa Silvia”. La partecipazione straordinaria della presidente di giuria Rita Occidente Lupo e l’eccellente coordinamento dell’assessore Luisa Trezza e della Proloco di Roccapiemonte con il presidente Agostino Torino hanno allietato la serata. Per quanto mi riguarda mi sono semplicemente limitata ad assaggiare e a giudicare un dolce straordinario e così antico che però si rinnova ogni volta che viene preparato: ogni massaia ha il suo segreto per farli e io ad ogni boccone ho assaporato un pezzetto di quel segreto».
Provenienti – pare – dalla Grecia, i dolcetti ricoperti di miele protagonisti della serata devono il loro nome alla parola “strongoulos”, arrotondato e da “pristòs”, tagliato. Lo “strongoulos pristòs”, dunque, è una pallina rotonda tagliata che nella Magna Grecia diventa “strangolapre(ve)te”, nome dato a particolari gnocchi in grado di “strozzare” i membri del clero. Altri fanno derivare la parola “struffolo” da “strofinare”, gesto compiuto da chi impasta per arrotolare il cilindro prima di tagliarlo in singoli tocchetti. Di certo già conosciuto dai Romani (noti amanti della pasta fritta condita), il dolce ha pervaso il sud Italia con diversi nomi (pizzi cunfitti, sannachiudere, cicerata,) fino a giungere a Palermo, dove al nome d’origine viene sottratta una “effe”: nascono, così, gli strufoli. Il primo ingrediente per la loro realizzazione è la salute: impastare bene è il segreto tramandato di generazione in generazione per ottenere degli struffoli d’autore. Di ricette ne esistono a migliaia ma probabilmente la più antica ce l’ha affidata Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, nato ad Afragola: “Prendi un rotolo di fior di farina che impasterai con ovi battuti, ed un tantino di sale, maneggiando questa pasta come quella de’ tagliolini, badando, che dev’essere molto faticata; di poi taglierai questi struffoli a tuo piacere, ma se li farai piccolissimi saranno migliori. Porrai dello strutto nella padella, ma non devi essere avaro, friggendoli color d’oro. Dipoi farai un trito finissimo di cortecce di portogalli con mandorle scorzate brustolite, e del candito trito. Siropperai mezzo rotolo di zucchero stretto, e giunto al punto ci unirai le mandorle, le cortecce, ed il candito tutto triturato, e quando si sarà tutto incorporato ci mescolerai li struffoli già fritti e li rivolgcrai bcnissimo, e poscia li aggiusterai nel piatto in quel modo, e forma, che più ti piacerà, polverizzandoli con zucchero e cannella fina. Di questa medesima pasta ne potrai far pure tanti piccolissimi tarallini che friggerai e li confetterai come li struffoli”.