Per la Cassazione negare al consorte rapporti sessuali è violazione dei doveri matrimoniali. Tale rifiuto giustifica la relazione extraconiugale e l’abbandono del tetto familiare

di Danila Sarno

Come disse Alexander Graham Bell: “il matrimonio riduce a metà i tuoi diritti e raddoppia i tuoi doveri” . Nulla di più vero! Una volta sposati si assumono molte responsabilità nei confronti del proprio partner, obblighi imposti non soltanto dalla morale e dal reciproco affetto, ma anche dalla legge. Lo sa bene una donna che, dopo la nascita del figlio nel 2000, ha indetto un vero e proprio sciopero del sesso nei confronti del marito il quale, non contento della situazione, ha subito trovato conforto tra le braccia di un’altra.

La moglie, dopo la separazione personale, si è rivolta al tribunale di Pescara richiedendo l’addebito della stessa al’uomo, oltre al risarcimento dei danni subiti a causa della relazione extraconiugale. Su questo punto, però, il giudice è stato categorico: la crisi matrimoniale non è stata provocata dal marito, nonostante egli abbia ammesso di essersi allontanato per intraprendere la convivenza con la nuova compagna. Al contrario, la colpa del disfacimento del matrimonio deve essere attribuita proprio alla moglie, venuta meno ad un dovere coniugale, ossia quello di intrattenere rapporti fisici con il consorte. Come prevede la legge, è a lei che la separazione deve essere addebitata poiché il suo comportamento ha reso intollerabile la convivenza. Rigettata anche in secondo grado, la domanda della sventurata signora non ha potuto trovare accoglimento neppure in Cassazione. La Suprema Corte, con l’ordinanza numero 2539 del 2014, ha infatti affermato che l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà e l’abbandono della casa familiare sono di norma causa della separazione e che essi comportano l’addebitabilità della stessa in capo al traditore. Allo stesso tempo, però, tale responsabilità non può ritenersi sussistente se la trasgressione è stata conseguenza della condotta dell’altro coniuge, che ha reso la coesistenza insostenibile. Tra l’altro è stato ricordato che “l’addebito della responsabilità della separazione presuppone non solo la violazione dei doveri matrimoniali ma anche la prova, a carico del coniuge che richiede la pronuncia di addebito, del nesso di causalità tra tale violazione e l’intollerabilità della convivenza”. Nel caso in questione, non solo la moglie non ha dimostrato il tradimento ma, come si è detto, a seguito dell’istruttoria svoltasi nei gradi precedenti, è addirittura emerso che è stata ella stessa a provocare la crisi. Alla fine dei conti, la donna non solo non ha ottenuto alcun risarcimento, ma è stata anche condannata a pagare parte delle spese del processo. È proprio il caso di dire: “cornuta e mazziata”!

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