E’ inutile insistere sulla rilevanza dell’indicatore “output gap” che “esprime la situazione dei conti pubblici coerente con il prodotto potenziale dell’economia, al netto della componente ciclica e delle misure di bilancio una tantum”

Bruxelles è preoccupata per la nostra stagnazione economica e dà credito agli indicatori che la rappresentano. E’ complicato guardare con favore un Paese che butta all’aria 80 miliardi di euro ogni anno per interessi sulla montagna del suo debito pubblico.
Meglio battersi in Europa per neutralizzare e accollare alla BCE la parte di debito pubblico eccedente il 60% rispetto al PIL. E’ il parametro fondamentale dettato dall’UE ed è questa la strada da seguire per poter progettare una crescita possibile.

Questa misura eccezionale in favore dei Paesi dell’Unione con rapporto debito/pil superiore al 60%, a partire dai 18 a moneta euro, andrebbe coniugata con la nomina del Ministro del Tesoro e delle Finanze europeo, con “visione complessiva” e poteri di intervento su politiche fiscali e di spesa comunitarie.
Al Ministro del Tesoro UE, in sintonia decisionale con il Parlamento europeo, sarebbe parimenti attribuita la facoltà di emettere obbligazioni (Eurobond) per finanziare investimenti nelle zone con alta disoccupazione e carenti di strutture produttive.
Da qui si capirebbe se c’è effettiva volontà di fare il salto di qualità e di sostanza e di pervenire, tutti assieme, agli “Stati Uniti d’Europa”.
Il referendum del 23 giugno 2016, che deciderà sull’uscita della Gran Bretagna dall’UE, potrebbe rappresentare lo “shock termico”  per la “risistemazione” della incompleta costruzione europea.
E’ inutile insistere: Italia, Grecia e Portogallo non riescono a perseguire l’obiettivo del rapporto tra debito pubblico e Pil pari al 60%, di cui al trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 e decorrenza 1° novembre 1993, nonostante i ripetuti tentativi.
Il nostro Paese registra un rapporto tra debito pubblico (2.190 miliardi di euro) e PIL nazionale pari al 132,5%. Per ridurre detto rapporto a quello immaginato e programmato del 60%, il Governo italiano dovrebbe “liberare”, meglio “rimborsare circa mille miliardi di euro di buoni del tesoro emessi a più riprese per rifinanziarsi.
All’operazione straordinaria sopra ipotizzata provvederebbe la BCE, assumendo su di se i mille miliardi in questione, e riportando la situazione finanziaria italiana ad un punto di partenza tale da renderla allineata e competitiva rispetto agli altri 17 partecipanti al “gioco” della moneta unica e condivisa.
All’intervento diretto sul rapporto debito/Pil, per certi versi eccezionale, corrisponderebbe inevitabilmente un maggior peso dell’organo comunitario nella definizione delle linee di condotta dei singoli Stati “bonificati” e, all’occorrenza, nella gestione diretta delle rispettive “macchine normative ed amministrative”.

Sàntolo Cannavale
www.santolocannavale.it

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