Difficile crederci ma le morti annuali legate all’autoscatto sono in costante aumento: un dato allarmante, che ha portato Mumbai a indurre delle “no-selfie zones”

di Valerio Kohler

Il selfie, nonostante sia un gesto semplice, è sempre stato oggetto di dibattito. Da una parte ci sono quelle persone che lo criticano per il fatto che mostrano quanto narcisisti si possa diventare con una costante ricerca di attenzioni. Dall’altra, invece, c’è chi non vede del negativo in tutto ciò e, anzi, lo interpreta come parte di un progresso socio-tecnologico, perpetrato inoltre dagli stessi social network con l’immagine del profilo.

In tutto ciò ci sono però alcuni individui che tentano in tutti i modi di immortalare delle imprese a dir poco rischiose, con spesso delle conseguenze inimmaginabili. Nel 2015 le morti “per selfie” hanno superato quelle provocate dagli squali, arrivando a circa 20 decessi. Un numero impressionante, considerando che l’anno precedente se ne potevano contare poco più di 10. I fattori sono diversi e cambiano ovviamente a seconda dalla persona ma l’obiettivo principale è sempre quello di dimostrare all’altro, al mondo esterno, il proprio valore ed unicità. Simbolo recente di questo atteggiamento è stata la vicenda a inizio febbraio legata ad un 16enne indiano, che pur di farsi un selfie davanti ad un treno si è fatto investire, morendo sul colpo. Si può anche parlare del povero delfino in Argentina, che dopo essere rimasto in fin di vita in una spiaggia, è stato preso da tutti i presenti per immortalare la sua morte. Per evitare che certe situazioni possano ripetersi o diffondersi in maniera esponenziale, la città di Mumbai ha instaurato delle “no-selfie zones”, luoghi a rischio nei quali sarà vietato anche solo passarci, pena una sanzione di circa 15 euro. Naturalmente non si parla di piazze storiche o di strade comuni ma di zone costiere che non sono munite di sufficienti metodi di sicurezza. Il metodo funzionerà o ci si ritroverà con un numero sempre maggiore di incidenti di questo tipo? Purtroppo diversi psicologi affermano che una cosa simile non potrà mai essere fermata, soprattutto quando c’è un bisogno quasi folle di voler attirare l’attenzione, ma di sicuro possiamo considerarlo un passo brillante nei confronti dell’autoscatto.

Di Gigi Di Mauro

Giornalista con esperienza quasi quarantennale, è educatore e pedagogista clinico. Da oltre un ventennio si dedica allo studio della storia comparata delle religioni, ottenendo nel 2014 dal Senato accademico dell'MLDC Institute di Miami una laurea Honoris Causa in studi biblici. È autore di alcuni saggi, tra i quali uno sulle bugie di storia e religione

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