Un racconto ispirato al tema del carnevale, che al di la delle maschere è uguale a Nocera come a Venezia, a Milano come a Rio de Janeiro

di Carla D’Alessandro

Passo per le strade del centro tappezzate di coriandoli, nelle vetrine fanno bella mostra di sé colorati abiti di Carnevale: la Fatina, il Principe, Zorro, Capitano Uncino e tante altre maschere nuove dai nomi indicibili. Arrivo in Piazza Diaz e ci sono tre maestosi carri, che nella loro grandezza ripropongono l’allegoria del Carnevale.
Mi soffermo a pensare a quanta fatica e a quante ore di lavoro sono occorse per realizzarli e ora giganteggiano in Piazza con quelle raffigurazioni di carta pesta, avvolte da una nube bianca e da musiche assordanti. D’intorno bambini e adulti festeggiano il Carnevale, vestiti con abiti vari e colorati, scattano foto ora a destra ora a manca immortalando se stessi e i carri. Col telefonino, anch’io, scatto le immagini di questa serata carnascialesca, all’insegna dell’allegria.
Torno a casa, rivedo le foto, guardo i carri e le mascherine: tutte belle e talune anche costose. Lo sguardo si ferma sulla mensola del tinello dove c’è una mia vecchia foto da bambina, vestita da Fatina Turchina.

Quanto diverso è quell’abito dagli attuali, indossati dai bambini di oggi! Vi sembrerà strano ma il mio vestito di Carnevale era stato realizzato dalla mia mamma con la carta crespa celeste sia nel corpetto che nella gonna, gli unici oggetti veri erano il cappello celeste con le stelline d’oro e la bacchetta magica dalla bella stella, in punta. Così vestita, mamma e papà mi portarono da “Foto Napoli” per immortalare quel momento, che a distanza di anni rimane l’unica testimonianza di quella maschera.
Io mi sentivo veramente una Fata Turchina dai poteri magici e felice perché potevo, in allegria, vivere le domeniche di Carnevale. Si riponeva il vestito con cura per non farlo rompere, pronto per essere indossato la domenica successiva. L’ultimo martedì di Carnevale, ancora vestita da Fata Turchina mangiavo la lasagna con le polpettine piccole, che mamma friggeva in gran quantità, visto quanto mi piaceva aiutarla per poi gustare quella lasagna ricca e saporita.
Ai bimbi d’oggi, posso solo dire con la gioia innocente della bambina di allora:«Buon Carnevale!»

Di Gigi Di Mauro

Giornalista con esperienza quasi quarantennale, è educatore e pedagogista clinico. Da oltre un ventennio si dedica allo studio della storia comparata delle religioni, ottenendo nel 2014 dal Senato accademico dell'MLDC Institute di Miami una laurea Honoris Causa in studi biblici. È autore di alcuni saggi, tra i quali uno sulle bugie di storia e religione

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