Spesso la serenità del matrimonio è messa a dura prova dall’invadenza della madre del proprio consorte. La Suprema Corte corre ai ripari e consente di cacciarla di casa
di Danila Sarno
Care suocere di tutta Italia avete le ore contate: la legge non è più dalla vostra parte!
È risaputo che chiunque, fidanzato o sposato, prima o poi dovrà affrontare un temuto nemico: la suocera. Lo scontro con la madre del proprio partner è quasi sempre inevitabile e non è una coincidenza che, in base alle statistiche, una considerevole percentuale di divorzi sia provocata proprio dall’intrusione dei suoceri nella relazione matrimoniale dei figli.
In alcuni casi, addirittura, la loro presenza continua ad essere molto ingombrante anche dopo la fine dell’unione, impedendo un tranquillo svolgimento della vita quotidiana.
A partire dal 2012, tuttavia, quest’ ulteriore inconveniente non deve più destare alcuna preoccupazione: “nel caso in cui all’esito di una separazione personale di fatto, uno dei coniugi abbia abbandonato l’abitazione familiare trasferendosi a vivere altrove” , la nuora (o il genero) che continua a soggiornare nella suddetta casa ha l’intoccabile diritto di cacciare la madre del consorte; quest’ultima, se persiste nel non allontanarsi o vi si introduce clandestinamente o con l’inganno, rischia l’arresto per violazione di domicilio.
A deciderlo è stata la Quinta Sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 47500 del 21 settembre 2012, respingendo il ricorso di una suocera di novant’ anni che, per offrire assistenza al figlio ricoverato in ospedale, si era stabilita, contro la volontà della nuora, nella ex dimora dei coniugi, nonostante il marito-figlio dell’imputata avesse ormai lasciato il nido coniugale per trasferirsi in altra città.
La donna, accusata di violazione di domicilio ai sensi dell’articolo 614 del Codice Penale, era stata condannata a sei mesi di reclusione, poi ridotti a quattro in Appello.
A nulla è valso il ricorso dell’anziana, che ha potuto ottenere unicamente un nuovo esame sulla sospensione condizionale della pena. Infatti la Suprema Corte, nel risolvere il problema dell’individuazione del soggetto titolare del diritto alla inviolabilità del domicilio, ha chiarito che non conta il fatto che il coniuge che ha lasciato l’appartamento ne sia ancora comproprietario: la cessazione del rapporto di convivenza fa venir meno il suo diritto di consentire l’ingresso e la permanenza nell’immobile a terzi.
Del resto, la Costituzione attribuisce al domicilio le stesse garanzie della libertà personale: la pace, la tranquillità e la sicurezza dell’abitazione sono inviolabili, checché ne dica la suocera.