Mario Draghi e Jean-Claude Juncker, rispettivamente Presidente della Banca Centrale Europea (BCE) e Presidente della Commissione Europea

Il Parlamento greco potrebbe anche approvare, in maniera bizantina ed opportunistica, le gravose condizioni di Bruxelles, per incassare gli otto miliardi di euro, prima tranche degli “aiuti” promessi

Il parlamento greco accetterà le condizioni dell’”agreement”, cioè le ipotesi di accordo formulate stamattina a Bruxelles?
La partita, in ogni caso, presenta punti di scarsa chiarezza e non è per niente chiusa.
Se la coerenza ha significato e motivo di essere, dopo il “NO” al referendum del 5 luglio 2015, il Parlamento greco dovrebbe ribadire con forza il “NO” al “cogente dettato” dell’Unione Europea.

A quel punto la questione si riaprirebbe. Molto probabilmente con un repentino cambio di maggioranza parlamentare e di governo ad Atene.
Il Parlamento greco potrebbe anche approvare, in maniera bizantina ed opportunistica, le gravose condizioni di Bruxelles, per incassare gli otto miliardi di euro (prima tranche degli “aiuti” promessi).
La soluzione dei problemi di fondo, con il debito pubblico greco insostenibile, sarebbe solo rinviata nel tempo.
Non so se a Bruxelles abbiano preso in considerazione la mia proposta (pecco di immodestia?) di finanziare con denari europei i proprietari di abitazioni in Grecia, per complessivi 60 miliardi di euro, con contemporaneo giro di questi capitali al Governo mediante imposta patrimoniale.
Stà di fatto che, tra le altre misure adottate in sede europea, in approvazione ad Atene, vi è la costituzione di un fondo di garanzia di 50 miliardi di euro, inserendovi e mettendo sotto ipoteca non gli appartamenti dei Greci, bensì strutture ed immobili di valenza nazionale: porti, aeroporti, azienda elettrica e telefonica, ecc. ecc..
Altra considerazione ben esplicitata nell’articolo de Il Sole 24Ore: “l’Eurosummit ricorda di aver già in passato ridotto i costi del servizio del debito greco. Tuttavia si dice disponibile «a considerare misure addizionali come un periodo di grazia più lungo (cioè una moratoria a tempo sui rimborsi, ndr) e un allungamento delle scadenze» per garantire che il debito sia sostenibile.
L’Eurosummit chiarisce che un «haircut (cioè il taglio del valore nominale del debito, ndr) non può essere previsto». Quest’ultima era la principale richiesta di Tsipras.
Se questo principio sacrosanto – NO HAIRCUT – fosse stato applicato nel 2012, moltissimi risparmiatori europei (migliaia gli italiani) non avrebbero subito in maniera proditoria ed illegale l’abbattimento del valore nominale, in ragione del 75%, dei titoli dello Stato greco inseriti nei loro portafogli.
Da quel momento e da quella sciagurata operazione fraudolenta della Grecia si è alimentata ed è cresciuta la sfiducia dei risparmiatori verso le istituzioni nazionali ed europee. Istituzioni (Commissione e Banca Centrale europea) che all’epoca non hanno mosso un dito per bloccare la Grecia nella sua avventata, controproducente operazione finanziaria.
Alcuni arrivano ad ipotizzare che le Istituzioni europee ed il Fondo monetario internazionale (FMI) avessero addirittura auspicato ed approvato quell’insano intervento di Atene, a tutto danno dei malcapitati risparmiatori europei.
In quella fase storica – lo si legge in alcuni report giornalistici – l’attenzione era tutta concentrata nel recupero pieno dei crediti verso la Grecia vantati dalle banche europee, quelle francesi e tedesche in modo particolare.

Sàntolo Cannavale
www.santolocannavale.it

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