di Gabriella Taddeo
Dal 14 novembre all’8 dicembre 2013 la pinacoteca provinciale di Palazzo Pinto ospita in via Mercanti 63 la monografica dell’artista-giornalista romano Danilo Maestosi, già operante da più di un decennio.
La sua prima personale “Come ombre sui muri” a Palazzo della Marra, a Ravello ha dato il via ad una galleria ben lunga di presenze espositive fra Berlino, il Cairo, Hang zou (Cina) ed altre città italiane e straniere.
A Salerno espone una serie di tele unificate dal titolo-tematica “L’Era glaciale”. Innesti a cura di Erminia Pellecchia ed Alfio Borghese.
Maestosi sceglie il bianco, il colore dell’era glaciale -così come lo definiva Kandisky- mentre lui stesso lo vede quale ”colore di gestazione. L’infinito che ti respinge e ti accoglie. Un prima remoto come una fabbrica dismessa della creazione, che fa da incubatrice alla forma, al segno o a ogni altro colore. Archeologia dunque: una storia da scavare e ritrovarsi dentro. O da costruire ad innesti, come i botanici che ricavano nuovi sapori e nuovi frutti o riportano a galla essenze ormai estinte incrociando specie vegetali attraverso sovrapposizioni, incisioni e ferite. Vita che spunta sotto una coltre di ghiaccio. Maneggiamola con cautela: è molto fragile”.
«La tavola bianca, sorta di “grado zero”, è come un giardino dell’utopia – commentano nella presentazione alla mostra Erminia Pellecchia ed Alfio Borghese – dove il pittore ritrova l’essenza vitale della storia e ne osserva il generarsi e il trasformarsi in una complessità e varietà di forme….Privo d’identità,il destino dell’uomo-avatar del terzo millennio è un’angosciata discesa agli abissi, sembra dire Maestosi nell’incipit del suo indagare sulla società contemporanea sovraesposta, superficiale e artificiale. E di cui l’arte, fin troppo spesso, ne è lo specchio vacuo ed effimero: non si interroga e non interroga, è in cortocircuito, inghiottita nel vicolo cieco dell’arroganza e dell’autocelebrazione».
Maestosi invece cerca di «piantare, nel silenzio della coltre di ghiaccio, il seme della coscienza, della conoscenza, della resistenza, della costruzione del nuovo. Senza nostalgia, senza pretese di verità. Semplicemente con lo stupore».
Come pittore Maestosi lavora per cicli. Di questi tre sono astati in esposizione al museo del Vittoriano: “Lunario” (2005), portata anche a Napoli e Potenza, “Le mille e una seta” (2008), portata anche a Berlino; “Concerto-sconcerto”(2010) esposta anche a Viterbo e a Lodi.
Come critico d’arte Maestosi ha collaborato e collabora a testate prestigiose come il Tempo, Paese Sera, Ansa, Rai, Messaggero.