banca della Cina

Anche se gli investimenti esteri sono normalmente ben graditi dal mondo economico, il timore è che quando saranno smaltite le tonnellate di dollari custodite nei caveau della loro Banca Centrale, gli orientali impongano la loro moneta: lo yuan

I cinesi, in maniera “soffice ed amichevole”, sono entrati ed entrano – dalla porta principale – nelle istituzioni pubbliche (Cassa Depositi e Prestiti) e nell’azionariato delle più importanti aziende del nostro Paese: Eni, Enel, Generali, Terna, Prysmian, Mediobanca, Fiat (oggi: Fiat Chrysler Automobiles – FCA), tanto per citarne alcune. banca della Cina
E’ il caso, per l’appunto dell’Istituto bancario Intesa Sanpaolo.

Per queste operazioni i cinesi, intelligentemente e cautelativamente, utilizzano parte delle grosse consistenze di dollari che sono stati costretti ad accumulare – anche controvoglia – fino ad oggi.
In linea generale, gli investimenti che arrivano dall’estero in Italia sono un fatto positivo ed apprezzabile.
Occorre solo capire il peso effettivo di questi investimenti e il possibile condizionamento degli stessi riferito alle scelte strategiche degli enti destinatari dei “dollari cinesi”.
Una volta smaltite le tonnellate di dollari custodite nei caveau della loro Banca Centrale (Bank of China), i dirigenti di Pechino imporranno, con tempismo ed armoniosità, la loro moneta: yuan-renbimbi.
Salvo che, nel frattempo, non si registrino situazioni traumatiche a livello planetario, tali da sconvolgere e scardinare l’ordine delle cose ed i rapporti di forza tra Stati sovrani, maturati e strutturati negli ultimi cinquant’anni.

Sàntolo Cannavale
www.santolocannavale.it

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