Una data ha tragicamente unito due giovani della stessa città: l’8 marzo. Uno è mancato per una improvvisa malattia, l’altro per un incidente stradale. I ricordi di chi li conosceva bene
di Enrica Granato
Apparentemente, Giuseppe Petti e Vincenzo Salzano non potevano essere più diversi tra loro.
Uno stacanovista, figlio 32enne di professionisti facoltosi e noti in città, che aveva deciso di frequentare la facoltà di giurisprudenza all’università Luiss di Roma e che, dopo la laurea, si era trasferito a Milano diventando un consulente finanziario; l’altro (26 anni) il classico “figlio del popolo” istintivo, cresciuto a pane e Nocerina, esponente di rilievo del gruppo di tifosi “Brothers”, che lavorava nelle officine Salzano insieme al padre. Uno schivo con i conoscenti, l’altro espansivo con chiunque.
Invece a rendere simili questi due mondi, al di fuori così diversi, c’erano tanti fattori.
“Peppe” ed “Enzo” non solo abitavano nella stessa città (Nocera Superiore) ma erano soprattutto ragazzi con la testa sulle spalle e la stessa gioia di vivere e di divertirsi in compagnia degli amici, quelli con cui ritrovarsi davanti allo stesso locale di sempre, quelli con cui parlare delle stesse passioni, quelli da trattare come fratelli, quelli del “per te ci sarò sempre”. E i due nocerini erano proprio così: compagni altruisti, affidabili, umili, umani, con una gran voglia di sorridere e andare avanti nonostante le difficoltà che il destino a volte riserva.
Il destino… Già … Lo stesso che ha deciso che Giuseppe e Vincenzo sarebbero stati accomunati anche da una data: l’8 marzo, infatti, ha portato via entrambi. Seppure in tempi diversi.
Enzo, dopo un crescente continuo di febbre improvvisa che l’ha colpito nel 2009 ed un ricovero presso l’ospedale Umberto I di Nocera Inferiore prima ed il nosocomio di Mercogliano poi, è deceduto in tarda serata per una meningite fulminante. Peppe, invece, è stato strappato prematuramente ai suoi cari la scorsa domenica a seguito di uno schianto contro uno spartitraffico avvenuto intorno alle 3 di notte a Milano, all’angolo con Porta Nuova.
I due hanno lasciato un vuoto incolmabile ed un segno indelebile nei cuori di tanti coetanei e non.
Come nel caso di Alessandro Oliva, che ricorda un Enzo impulsivo, passionale, divertente, fin troppo maturo anche da adolescente e dai modi un pò duri ma schietti. Era un “gigante buono, sempre pronto a difendere i più indifesi dai bulli, a sacrificare tutto di sè per gli amici. Era un giusto”. O di Ivano Giordano, che ricorda con tenerezza l’amicizia nata con Enzo tramite la comune passione per i Molossi rossoneri e l’immediato rapporto fraterno che li ha portati a condividere diverse avventure per il “dio calcio”.
Perchè le distanze o il tempo non sarebbero mai riusciti a frenare il carisma di questo Brothers (registrato su un sito calcistico con il nickname di “Salzao Meravigliao”), come racconta anche Vincenzo Ventura condividendo il ricordo di un Enzo, pronto a guidare anche per 22 ore pur di seguire una trasferta della Nocerina, o “intonare canti della tammorriata tradizionale, coinvolgendo tutti. Perchè era fatto così: all’inizio la sua “scorza” poteva renderlo antipatico, ma poi usciva il suo lato goliardico, buono, rispettoso. Ricordo che una volta gli chiesi come mai il suo portafoglio fosse tanto gonfio: lui mi mostrò che era pieno di biglietti da visita dei suoi amici e spiegò che li portava sempre con sè perchè all’occorrenza avrebbe potuto indirizzare potenziali clienti da loro. Era un generoso”.
Ancora oggi, a distanza di anni, sul cavalcavia di via Astuti a Nocera Inferiore vengono puntualmente affissi degli striscioni in ricordo di Vincenzo, a cui è stata dedicata anche una sede di volontariato a Nocera Superiore che porta il suo nome.
Giuseppe, invece, si dimostrava aperto ed espansivo fin da subito. Era benvoluto da tutti anche al nord, dove si era creato (per studio ed esperienze lavorative all’estero) una cerchia di persone provenienti da ogni parte del mondo.
Il recente lutto impedisce a quasi tutti di parlare di lui riferendosi ad una persona che non c’è più. Ma dai discorsi a singhiozzo di alcuni trapela il ritratto di un giovane uomo che “amava le vita in tutte le sue sfaccettature, viaggiare, fare sport, sciare, giocare a calcio e le donne”.
“Peppe viveva con gioia ogni minuto” confida, infine, una sua amica “ Amava il suo lavoro e la vita. Non era spericolato, non correva con la moto nè cercava sostanze perchè era già euforico di suo. La sua droga erano le ragazze! Come lui, disponibile e mai arrabbiato, ce ne sono pochi. Mi manca tantissimo”.