Il coreografo belga, nocerino di adozione da diversi anni, ha presentato ieri sera al teatro Diana la sua coreografia “L’enfant et les sortileges” che ha ottenuto convinti e prolungati applausi. Bravissimi anche i suoi allievi nell’interpretare le danze con con capace entusiasmo
di Gigi Di Mauro
Conferma ancora una volta di essere un grandissimo coreografo Luc Bouy, titolare insieme a Gaetano Petrosino della compagnia Dansepartout.
Ieri sera al teatro Diana Bouy ha messo in scena, allestendo anche costumi e luci, tre momenti di spettacolo che hanno entusiasmato anche chi con la danza non ha grande dimestichezza. «Se una persona, non conoscendo l’arte del ballare sulle punte, vedesse questo spettacolo, si innamorerebbe seduta stante del balletto», ci dice a termine della serata Maria Laura Vigliar, vicesindaco di Nocera Inferiore e sempre attenta agli eventi culturali del suo territorio. E del resto, nemmeno il primo cittadino, Manlio Torquato, ha voluto trascurare l’omaggio a un personaggio che dal 1968, quando ha iniziato la sua carriera allo Scapino Ballet di Amsterdam, ha fatto ballare tutto il mondo e che da anni risiede a Nocera Inferiore.
Il coreografo belga, che a giugno di quest’anno è stato invitato a rappresentare l’Italia al Festival internazionale di Cali in Colombia con la sua Compagnia Dansepartout e il suo spettacolo “Ne me quitte pas”, ha offerto dapprima, sulle note di musiche popolari greche, danze elleniche che hanno molto coinvolto emotivamente il pubblico. Poi un “Souvenir de Florence” su musiche di Ciajkowsj. Infine, da un racconto di Sidonie-Gabrielle Colette, il balletto “L’enfant et les sortileges“, meravigliosamente coreorafato su musiche di Gioacchino Rossini e Nicolò Paganini.
Commentare il balletto messo in scena da Luc Bouy è difficile: l’entusiasmo avvolge chi guarda fin dalle prime battute, grazie anche alla “complicità” di Rossini e Paganini. Una delle cose che colpisce lo spettatore è la complessità coreografica del balletto che però mantiene una sobria semplicità. Mostra la grandezza di chi lo ha immaginato senza mettere in soggezione chi guarda. «C’è ballare e ballare – ci commenta ancora Maria Laura Vigliar – Questo spettacolo mi riporta ai balletti degli anni ’70 che erano ben diversi dalle brevi sgambettate odierne». Ed un’altra cosa affascina chi nella poltrona si gusta il frutto del lavoro dell’artista d’oltralpe: la gioiosità dei ballerini. No, non il sorriso di scena, ma un vero divertimento, una partecipazione sentita. E se è vero che – per dirla in linguaggio sportivo – l’allenatore è un grande, la squadra di cui si è avvalso non è stata da meno. Bravo il maestro e bravi anche gli allievi.