È finito in carcere, per il delitto di maltrattamenti in famiglia, un uomo che costringeva la moglie, tra le altre cose, a fare una sola doccia a settimana, ad usare poca carta igienica e a chiamare la figlia “cozza”
di Danila Sarno
L’ossessione per il risparmio, se imposta coattivamente al proprio coniuge, costituisce reato di maltrattamenti in famiglia (articolo 572 c.p.). A precisarlo è stata la Corte di Cassazione che, con la sentenza numero 6937 del 2023, ha rigettato il ricorso proposto da un uomo eccessivamente avaro, condannato ad un anno e cinque mesi di carcere per aver imposto alla moglie, tra l’altro, di fare una sola doccia a settimana, di conservare l’acqua per un secondo utilizzo e di usare solo due strappi di carta igienica per volta.
Insomma, l’imputato, oltremodo attento al risparmio, per anni aveva obbligato la consorte ad un regime di economia domestica particolarmente afflittivo e non giustificato da reali difficoltà economiche, poiché entrambi avevano un lavoro ed uno stipendio. La Cassazione, nel confermare la condanna emessa dalla Corte di appello di Bologna, ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente ricostruito l’insostenibile stile di vita imposto alla moglie dell’imputato: un regime ossessivo improntato al risparmio, inizialmente condiviso dalla donna, ma diventato via via sempre più rigido nel corso degli anni, tanto da costringerla a mentire sui propri acquisti, lasciando la spesa a casa dei genitori, e tanto da provocarle un vero e proprio disturbo da stress post traumatico. Alla luce delle attendibili dichiarazioni della vittima e di alcuni testimoni (come il padre e le amiche), la Suprema Corte ha riscontrato una situazione allarmante, connotata da estremi sacrifici e limitazioni. L’imputato era solito imporre alla moglie di usare poca carta igienica, di acquistare solo prodotti non di marca e in offerta, di recuperare dall’immondizia tovaglioli usati e di fare la doccia una sola volta a settimana. In caso di disobbedienza, la donna diventava bersaglio di mortificazioni, denigrazioni ed aggressioni fisiche come spinte, strattoni ed urla. Persino il rapporto della persona offesa con la figlia era stato influenzato dall’imputato, il quale vietava alla consorte di avere comportamenti o parole troppo dolci nei confronti della bambina, consentendo di rivolgersi a quest’ultima solo con appellativi come “cozza” o “vongola”.
Alla luce di tali riscontri, gli Ermellini sono stati costretti a rigettare il ricorso che l’uomo aveva proposto avverso la condanna di secondo grado emessa nei suoi confronti. Nella motivazione della sentenza, la Cassazione ha ricordato che, ai sensi dell’articolo 143 c.c., con il matrimonio ciascuno dei coniugi (in base alle proprie capacità e sostanze) si impegna a dare il proprio contributo ai bisogni della famiglia e ad accordarsi sullo stile di vita. Marito e moglie possono anche stabilire di adottare un regime di risparmio rigoroso, purché esso sia accettato da entrambi e non imposto dall’uno all’altra, soprattutto con riguardo alle esigenze di vita quotidiana e di cura della persona. Nel caso di specie, invece, nonostante non vi fosse una reale necessità, la moglie dell’imputato ha subito una vera e propria coartazione al risparmio, con condotte controllanti ed assillanti del marito, che l’hanno portata verso uno stato di ansia e di frustrazione perenni. Infatti, in sede di merito, il consulente tecnico aveva accertato nella donna un forte cambiamento di personalità, oltre che un disturbo da stress post traumatico, accompagnato da pensieri suicidi.