Camos, Milcon, Astarte, Rimmon: sono alcuni dei nomi dei “colleghi” di Yahweh che l’Antico Testamento cita dettagliatamente in più punti, e che avevano lo stesso ruolo con altre tribù ebraiche
Yahweh è davvero l’unico Dio (Elohìm nel testo ebraico) della Bibbia? A leggerla con attenzione, sembrerebbe proprio di no. Il testo biblico, infatti, a prescindere dalla polemica delle polemiche sul fatto che Elohìm sia un termine plurale, e che tradurlo con la parola Dio sia un clamoroso falso, riporta diversi nomi di Elohìm che sembra proprio avessero un ruolo similare a quello di Yahweh, o addirittura fossero più “importanti”.
Dove sarebbero, dunque, i “colleghi” di Yahweh? Andiamoli a cercare, avvalendoci di qualche decina di citazioni del testo biblico. Non, si badi bene, un elenco completo, ma esaustivo e bastante a dimostrare che quanti hanno scritto la Bibbia tutto avevano in mente tranne che un solo Dio. Questo sembra confermarlo anche la nota che i domenicani dell’École biblique di Gerusalemme fanno al verso 20:3 dell’Esodo nella Bibbia da loro commentata: “Non avrai altri dèi (Elohìm) di fronte a me”. L’osservazione recita: “YHWH esige da Israele un culto esclusivo: è la condizione dell’alleanza. La negazione dell’esistenza di altri dèi verrà solo più tardi (cf. Dt 4,35+)”. Il Deuteronomio citato nel commento, per la cronaca, si vuole sia stato scritto dopo il ritorno dall’esilio di Babilonia, quando la classe sacerdotale prese il sopravvento. Ne parleremo in altra occasione.
Iniziamo con Genesi capitolo 3, versetto 22. Dopo che Adamo ed Eva hanno “mangiato la mela”, che però non esiste nel testo ebraico, leggiamo: “Il Signore Dio disse allora: «Ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!”.
Come era solito dire nel suo programma il simpatico giornalista partenopeo Antonio Lubrano, “la domanda sorge spontanea”: noi chi?
Successivamente, in Genesi 6, altri due passi che lasciano quantomeno perplessi: “1 Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro figlie, 2 i figli degli Elohìm videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero”.
E, poco dopo: “4 C’erano sulla terra i giganti a quei tempi – e anche dopo – quando i figli di Dio (degli Elohìm) si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi”.
Ribadendo la richiamata espressione retorica di Lubrano ci domandiamo: i figli di Dio chi erano e quanti mai saranno stati? Dal testo pare decisamente più di uno (e quindi il figlio unigenito del Nuovo Testamento aveva tanti fratelli nati prima di lui?). E, inoltre, se da uomini nascono uomini, è naturale che da Dio nascano dèi. E la mamma, chi era?
E allora sveliamo una curiosità quasi del tutto sconosciuta ai non studiosi della materia: nelle culture ugaritiche, semitiche e cananee Yahweh aveva una moglie, una Asherah, citata nel testo biblico anche come Astarte. Si chiamava Anat-Yahu (moglie di Yahweh, grossomodo) ed era venerata soprattutto nella colonia ebraica di Elefantina, in Egitto. Lo provano alcuni ritrovamenti archeologici – principalmente ostraka, ovvero cocci di conchiglie e, per estensione, frammenti ricurvi di ceramiche – fatti anche a Ugarit e a Kuntillet Ajrud, che citano “Yahweh” e la sua “Asherah” e in diversi testi ugaritici, accadici e ittiti.
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