A Palazzo di Città incontro tra autore e cittadini per raccontare la malattia psichiatrica partendo dai vissuti dei pazienti e descrivendo anche il dopo, quando c’è il ritorno in società
Si è tenuta ieri sera in aula consiliare la presentazione di due romanzi di Stefano Redaelli, professore di letteratura italiana all’Università di Varsavia, “Beati gli inquieti” e “Ombra mai più” editi entrambi dalla Neo.Edizioni del nocerino Francesco Coscioni che ha dialogato con l’autore.
Stefano Redaelli ha voluto raccontare la malattia psichiatrica descrivendo sia il mondo all’interno delle strutture che il mondo fuori, quando si viene dimessi e si torna alla vita di tutti i giorni. La scelta di Nocera Inferiore come luogo di presentazione non è stata casuale: oltre ad essere la città natale di Coscioni è stata la città in cui per lunghi anni ha operato l’ospedale psichiatrico, una struttura a suo tempo particolarmente avanzata nella cura dei soggetti affetti da tali patologie.
Le storie iniziano con un ascolto di esperienze, con l’incontro tra «il mondo dei sani e quello di malati psichiatrici», come ha raccontato lo stesso autore, ponendosi una serie di domande del tipo «dov’è finita la follia a 44 anni dalla legge Basaglia, ovvero dopo la chiusura dei manicomi? Cosa vuol dire essere paziente, come si viene visti dalla società quando si torna a casa dopo un’esperienza di cura in una struttura psichiatrica?»
{loadmoduleid 289}«Nel 2007 una mia amica che stava frequentando la comunità di Sant’Egidio- ha spiegato l’autore- aveva iniziato a scrivere dei diari; sapeva che io scrivevo ed è venuta da me portandomeli e chiedendomi di trasformarli in romanzo, di vincere premi letterari e di dare loro i premi così da finanziare alcune cose che volevano realizzare.Leggendo questi diari pensavo di trovare la storia della comunità e invece quello che ho trovato è stato l’incontro tra il mondo dei sani e il mondo dei malati, l’incontro di umanità e amicizia fino a trovar scritto all’interno di questi diari che gli operatori si sentivano bene ed erano più rilassati quando si trovavano con i malati rispetto a quando tornavano fuori nel mondo del lavoro con le regole della società. Questa cosa mi ha sconcertato e interessato. Il problema è che questi diari erano sì diari belli ma non si prestavano a diventare un romanzo: i romanzi che nascono da un vissuto che ha segnato lo scrittore hanno una temperatura diversa. Allora nel 2007 ho cercato una struttura psichiatrica nella mia città che è Lanciano, un po’ da incosciente che voleva davvero aiutare questa amica.Ci sono riuscito 13 anni dopo. All’inizio ho pensato entro in comunità li ascolto, immagino situazioni e scrivo. Questa idea si è infranta subito: ho incontrato gente con un vissuto che bramava di essere raccontato e quando hanno capito che io ero uno scrittore, hanno cominciato a raccontare di punto in bianco qualcosa, non cose compiute ma con una voce che partiva da qualunque punto di un’emozione o di un vissuto e poi si interrompeva. Io lo scrivevo senza pretesa di farci qualcosa e così sono andato avanti per tanto tempo ed è nata l’amicizia».
I romanzi che sono poi nati, due storie di finzione, vedono il protagonista fingersi malato di mente per poter entrare in comunità e raccontare dal dentro e poi dal fuori, in particolare nel secondo romanzo, l’esperienza dei malati psichiatrici: quello che viene fuori è un «un elogio dell’ascolto della follia» come lo ha definito lo stesso Redaelli.
{loadmoduleid 284}Alla presentazione erano presenti anche il sindaco di Nocera Inferiore Paolo de Maio, l’assessore con delega alle politiche sociali, terzo settore, scuola e cultura Federica Fortino e il consigliere comunale Ferdinando Padovano, tra i promotori dell’evento.