Il periodico cattolico dedica una pagina al deprecabile episodio del manifesto funebre con protagonista il vescovo Giudice, e per farlo diffama la stampa locale e i paganesi
«Ha lasciato esterrefatti la pubblicazione dell’articolo su Famiglia Cristiana sul deprecabile gesto di cui è stato vittima il vescovo della diocesi di Nocera Sarno, monsignor Giuseppe Giudice».
Così esordisce il professor Salvatore Campitiello, presidente dell’Assostampa Valle del Sarno e autorevole voce dell’Ordine dei giornalisti della Campania.
È successo che un prete, tale Stefano Cecchin, presidente della Pontificia Accademia mariana internazionale, dipartimento “Liberare Maria dalle mafie”, che già per la sua denominazione è tutto un programma, abbia scritto a proposito delle minacce nei confronti di monsignor Giudice per aver bloccato le processioni durante il periodo pasquale. Il prelato aveva motivato la decisione con motivi legati al Covid e come segno di vicinanza all’umanità sofferente per i vari conflitti armati che ci sono al mondo. Ed è successo che questo Cecchin abbia definito il manifesto come atto in stile mafioso.
Sempre lo stesso Cecchin, come ricorda Campitiello, «ha fatto riferimento ad una vicenda avvenuta nella stessa Diocesi dove il vescovo era dovuto intervenire perché, si legge nel pezzo, “… le statue di Gesù e dell’Addolorata a Pagani, il Venerdì Santo, sostavano in segno di omaggio davanti alla casa di un noto indagato di camorra”. Subito dopo scrive: “Eppure nessuno sulla stampa locale ha rammentato questi aspetti…”.
L’episodio a cui fa riferimento l’articolista risale ai riti pasquali del 2015 e fu oggetto di approfondimenti da parte della tenenza dei carabinieri di Pagani, senza che ci fosse alcun seguito in sede penale né furono registrate minacce nei confronti di nessuno».
A differenza di quanto scrive l’articolista, evidentemente incolto in materia, sulla vicenda furono scritti diversi articoli, in forma cartacea, sul web e con servizi video.
Cecchin, quindi, si permette di lanciare moniti alla stampa locale in modo insulso e immotivato, gettando – come scrive Campitiello, «discredito sull’intera categoria e in particolare sul lavoro dei colleghi che ogni giorno raccontano con onestà professionale e verifica di fonti e fatti, senza cadere in facili suggestioni, quanto accade in quel territorio, pagando un rilevante prezzo in termini di sicurezza personale».
Certamente Cecchin non ha scritto senza una spinta del vescovo, abitualmente rintanato nel suo castello dal quale si allontana solo per le grandi occasioni e per presentare annualmente alla stampa i suoi ampiamente criticabili libelli stampati a spese della comunità. A proposito, Eccellenza o, come la chiamò una volta durante la celebrazione dell’Assunta a Materdomini il “prosperoso” frate Valerio, Santità, perché alcuni francescani la chiamano “‘a vipera zoppa“? Ci dissociamo apertamente dalla presa in giro al suo claudicare, ma ci spieghi, perchè “‘a vipera”?
Noi lo sappiamo… Vogliamo farlo sapere a tutti?