Nasce con la richiesta ben precisa di una base politica ampia di supporto, e non è nemmeno un Governo politico, in quanto al vertice c’è un tecnico di primissimo livello
di Francesco Li Pira
Solo pochi giorni fa il professor Mario Draghi ha sciolto la riserva nelle mani del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, presentando i Ministri e provvedendo al rituale del giuramento.
Brevi considerazioni possono venire dalla composizione del nuovo Governo a guida Draghi: una discontinuità era necessaria ed era nell’aria da mesi – sarebbe ipocrita smentirlo – soprattutto per una concreta e seria ripartenza dell’Italia, in vista dell’utilizzo costruttivo (e in parte della creazione del cosiddetto debito buono) della quantità assai ingente di 200 miliardi di euro (non voglio utilizzare paragoni – suggestivi ma storicamente poco validi, vista la sostanziale differenza storico-politica – con altri piani dell’immediato post-Secondo Conflitto Mondiale).
Pur apprezzando la statura e dirittura del precedente Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ringraziamo per aver traghettato l’Italia in un momento assai critico e al quale formuliamo auguri in vista di un suo ritorno in politica, è innegabile che per una serie di motivi che sono sotto gli occhi di tutti fosse impossibile un “Conte-ter” con la medesima maggioranza.
Di certo questo Governo non si può definire “tecnico” nel modo in cui siamo stati abituati a considerare i Governi tecnici nel periodo più recente della nostra storia politica. Non è un cosiddetto Governo del Presidente, ma nasce con la richiesta ben precisa di una base politica ampia di supporto, e non è nemmeno un Governo politico, in quanto al vertice c’è un tecnico di primissimo livello e dalla statura di gigante, uno degli economisti più ascoltati, erede della scuola economica di Federico Caffè, così come tecnici (per fortuna!) sono i principali Ministri.Sarebbe stato auspicabile, però – ma la colpa assolutamente non è nella scelta che in maniera pilatesca i partiti stanno facendo ricadere sul nuovo Presidente del Consiglio – che la rosa dei nomi proposta dai partiti (e su alcuni nomi, viste talune esternazioni in passato è meglio tacere – e si sa che il web non perdona) avesse previsto un passo indietro dei protagonisti di primo piano degli stessi partiti, il cui ‘generoso apporto’ è stato sotto gli occhi di tutti. Ricordiamo che l’anti-politica grillina e la situazione politica attuale sono frutto degli “sconvolgimenti” del 2011, così come la caduta del Conte bis, solo apparentemente e scioccamente imputabile al ritiro dei Ministri di Italia Viva, di sicuro non può essere imputata al senatire Matteo Renzi, ma nasce da ben altri motivi, molto più seri e profondi.
Certo, all’apparenza l’attuale Esecutivo sembra un’allegra brigata da copia sbiadita della I Repubblica, con un gattopardesco ripescamento di taluni ministri ed esponenti politici dello “annus horribilis” del 2011; perciò sarebbe stato opportuno e di buon gusto un passo indietro di taluni protagonisti politici di primo piano. Non ci vedo nulla da demonizzare in un Governo tecnico e trovo opportuno che a guidare i Dicasteri ci siano tecnici, cioè persone competenti in quel preciso ambito: trovo quanto mai grave che di contro non ci siano “tecnici” che siano prestati alla politica e questo la dice quanto mai lunga sull’attuale situazione politica.
Draghi e la Scuola. Lasciamo i pretestuosi attacchi delle ultime ore: a chiunque può capitare nel parlare l’uso di regionalismi o un refuso dovuto all’emozione e sulla preparazione del Ministro Bianchi non ci sono dubbi.
Speriamo solo che la Scuola venga messa al centro dell’agenda politica del Governo e della ripartenza del Paese e che non ci sia una nuova scelerata e letale deriva neoliberista sulla Scuola, come purtroppo è stato nell’ultimo ventennio. Per essere formativa, l’istituzione scolastica non deve badare alla utilità, ma alla conoscenza vera e alla formazione a 36O gradi! Le competenze verranno dopo la conoscenza, ma ben venga una seria discussione e un riordino effettivo e tecnico – non politico – della scuola.
Draghi e l’Europa. Un lungo e serio impegno nel cuore della politica economica e strategica europea: come non ricordare le sue parole proprio negli anni più duri per l’eurozona, durante la crisi del debito pubblico?
Lascia ben sperare una mancanza nella nomina dei Ministri dell’attuale Governo: infatti, non compare quello per gli Affari europei (conosciuto con vari nomi a partire dalla fondazione col conte Carlo Sforza nel 1951 durante il Governo De Gasperi VII, ma allora c’era la necessità di tale Ministero); c’è da sperare, con buona pace dei sovranisti, che questo sia lo “imprimatur” del Governo, cioè un Governo europeista. Se in fondo siamo in Europa e costituiamo l’Europa, che cosa c’è a fare un Ministro per gli Affari europei, che così facendo sembra quasi un corpo estraneo? E poi, visto la caratura europeista di primo livello, non c’è dubbio che il punto di contatto con l’Europa, più che essere il Ministro degli Esteri, sarà proprio il Presidente del Consiglio …e poi si sa che “ubi maior, minor cessat”.
A uscire sconfitto, se fosse una semplice partita a Risiko (ma questo è diventata la politica italiana) sarebbe stato il Movimento 5 Stelle, che perde cinque Dicasteri. Vediamo i numeri della nuova composizione di Governo: sette Dicasteri su tredici con portafoglio sono tecnici, quattro Dicasteri al M5S, tre per “par condicio” al PD, FI e Lega, uno rispettivamente a LeU e Italia Viva. Ma con quale peso? Certo, tra i tre il pacchetto ministeriale non ha lo stesso peso, tra Ministri con e senza portafogli, ma la divisione è, però, un capolavoro da Manuale … quello Cencelli! Se il Prof. Mario Draghi è stato ribattezzato a livello europeo SuperMario, un motivo ci sarà.
La nota stonata della cosiddetta parità di genere. Siamo al circa il 35%, volendo fare una detestabile statistica, ma con Ministri donne nei ruoli chiave. La domanda è un’altra: dando per scontato la assoluta uguaglianza di genere (termine di per sé fastidioso già), in un Paese democratico, qual è il senso di portare e sbandierare questa differenza (con infelici esternazioni in passato per rimodernare la grammatica italiana nel burocratesco linguaggio ministeriale)?
Se uno è capace o incapace, lo è sia se è un uomo o una donna; non sarà proprio la difesa della parità di genere ad essere una chiave sessista da “generosa concessione” di un ruolo politico che le donne, come tutte le persone, possono e devono avere in politica?
Buon lavoro, Presidente Draghi, con l’augurio che non sia ostaggio della peggiore partitocrazia e con l’auspicio che la rinascita del Paese Italia non sia solo quella economica del “Recovery Found”, ma sia soprattutto quella etico-morale della serietà, della competenza e dell’impegno concreto e fattivo delle migliori menti “tecniche” al servizio del nostro Paese.
Questa è forse la sfida più dura che ci attende.