Il “De ornatu mulierum” di Trotula De Ruggiero della Scuola Medica Salernitana, primo manuale interamente dedicato alla cosmesi e all’arte di esaltazione di sé
di Valentina Milite
L’uso di unguenti, tinture e polveri colorate per adornare il viso ed il corpo risale agli albori della civiltà. Dalle più antiche ed isolate tribù, alle più floride, moderne e ricche popolazioni, l’uomo ha variabilmente fatto uso del trucco per modificare il proprio aspetto.
Viso e corpo decorati erano usati dai guerrieri come strumento atto ad intimorire gli avversari, donando loro sembianze non umane; o anche dagli stregoni, durante riti e danze.
Testimonianze evidenti pervenute fino a noi mostrano l’ampio e dotto uso che il popolo egizio faceva di unguenti e strumenti di bellezza, come il khol o kajal per gli occhi; ancora oggi usato dalle donne arabe per intensificare lo sguardo, ma anche dagli uomini delle popolazioni stanziali berbere o nomadi dei beduini, per proteggere gli occhi dal sole e dalla sabbia del deserto.
Col tempo però, e soprattutto presso le civiltà occidentali, il trucco è divenuto quasi unicamente una prerogativa femminile. Le donne etrusche, greche e romane erano solite esaltare i tratti del volto, e gli occhi in particolare, seppur con oculata parsimonia. Non era difatti benvisto, un uso eccessivo del trucco. Era importante conservare la freschezza del viso e la naturalezza dei lineamenti e, come Ovidio suggeriva nel suo “De medicamine faciei femineae”, era preferibile che il marito non sapesse di questo “inganno” e che anzi non vedesse la moglie prima e durante l’applicazione del trucco.In epoca medioevale venne scritto il primo trattato interamente dedicato alla cosmesi: il “De ornatu mulierum” della medica della Scuola Medica Salernitana, Trotula De Ruggiero. Il trattato insegnava alle donne come curare e truccare la pelle, depilare il corpo, lavare i denti, tingere i capelli. Durante il feudalesimo si impose un modello di bellezza normanna, descritto nei canti dei trovatori, caratterizzato da pelle di porcellana (diafana e liscia), fronte alta, sopracciglia depilate, capelli biondi ed occhi grandi e chiari.
Per raggiungere il più possibile questo ideale, le dame del tempo facevano uso di ritrovati casalinghi, prodotti di bellezza ed espedienti che oggi sappiamo essere nocivi, ma che all’epoca erano di uso comune.
Molte delle ciprie, delle polveri per gli occhi ed il viso che utilizzavano, contenevano alte componenti di piombo, arsenico, mercurio, cadmio e cromo. Metalli pesanti che con l’uso protratto, finivano, nel lungo periodo, per intossicare gravemente le donne del Medioevo, causando danni fisici e neurologici.
Comune era ad esempio l’uso della biacca (polvere di bianco di piombo), usata per schiarire il viso. In seguito, rimedio cosmetico d’elezione della regina Elisabetta I, che iniziò ad utilizzarlo per coprire le cicatrici che le aveva lasciato in volto il vaiolo e che continuerà ad utilizzare fino alla morte, oggi attribuita, secondo gli storici, proprio ad avvelenamento da piombo. Era poi espediente di bellezza in voga presso le dame veneziane, l’uso di gocce oculari di un distillato di atropa belladonna, per dilatare temporaneamente le pupille e far apparire gli occhi più grandi e seducenti. Peccato però che il sovraddosaggio dei principi che conteneva il preparato, ovvero l’atropina e la scopolamina, provocassero delirio, allucinazioni e spasmi, fino (in casi gravi) ad un vero e proprio avvelenamento, con conseguente coma e arresto cardio-respiratorio.
Con il passare delle epoche il gusto estetico è più volte mutato, preferendo ora una, ora un’altra moda, ma una disciplina della composizione cosmetica è tuttavia una conquista solo molto recente ed oggi la ricerca si impegna nel continuare a testare e valutare gli ingredienti cosmetici, scoprendo nuove nocività.
Insomma, la storia ha davvero insegnato che: “chi bella vuole apparire, deve soffrire”, ma magari oggi siamo più libere e liberi di attuare scelte consapevoli anche in campo estetico, perché come sosteneva Trotula: l’aspetto esteriore deve essere in armonia con lo stato di salute globale del corpo.