È stata approvata la legge che definisce “sociale” questa diffusa patologia, purché essa sia stata accertata da almeno un anno da uno specialista presso un centro accreditato per la diagnosi e la cura di tali malattie che ne attesti l’effetto disabilitante
di Danila Sarno
La cefalea cronica non è un banale mal di testa, ma una malattia invalidante molto più diffusa e grave di quanto si possa pensare, causa di una vera e propria disabilità. Lo ha stabilito la legge n. 81 del 2020, che entrerà in vigore a partire dal 12 agosto, dopo anni di lotta da parte di alcune associazioni per ottenere il riconoscimento della cefalea come malattia sociale.
La cefalea cronica, infatti, incide fortemente sulla quotidianità di chi ne soffre. In Italia colpisce il 18 per cento delle donne e il 9 per cento degli uomini, ma soltanto il 10 per cento di essi riceve cure adeguate. Per questo motivo, la legge n. 81 del 2020 rappresenta un importante traguardo e, al contempo, il punto di partenza di un percorso volto ad ottenere una maggiore tutela per milioni di italiani. Più in particolare, vi si stabilisce che “la cefalea primaria cronica, accertata da almeno un anno nel paziente mediante diagnosi effettuata da uno specialista del settore presso un centro accreditato per la diagnosi e la cura delle cefalee che ne attesti l’effetto invalidante, è riconosciuta come malattia sociale” nelle sue forme primarie (emicrania parossistica cronica, cefalea cronica quotidiana con o senza uso eccessivo di farmaci analgesici, cefalea a grappolo cronica, emicrania continua, cefalea nevralgiforme unilaterale di breve durata con arrossamento oculare e lacrimazione, emicrania cronica e ad alta frequenza). Per attuare la legge sarà necessario predisporre progetti finalizzati ad approntare metodi innovativi di presa in carico delle persone affette da cefalea e ad individuare modi e criteri con cui le regioni dovranno attuare tali progetti. Il compito spetterà al Ministro della salute, che entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge, dovrà adottare un decreto, previa intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Insomma la nuova legge migliorerà di gran lunga la qualità di vita e la produttività di molti italiani.