In questo articolo e nel prossimo ripercorreremo, in occasione della Pasqua, notizie conosciute ma anche chicche ben poco note sul cosiddetto “Figlio di Dio”
In tempi pasquali, non possiamo non ritornare sulla vicenda del personaggio Gesù (che in realtà, come sappiamo, si chiamava Giosuè, perché è il suo nome ebraico era appunto Yeoshua). Lo faremo in questo articolo e nel prossimo, che sarà pubblicato sabato 30 marzo, ovvero sabato santo per i cattolici. Oggi, come prima parte, riassumeremo quel che sappiamo sulla sua nascita, sull’attività tra la gente, sul suo arresto, sul processo. La prossima settimana ci occuperemo della crocifissione e della sulla presunta resurrezione. E alla fine affronteremo anche un grande dubbio confortato anche dai commenti della Bibbia di Gerusalemme e da tanti altri religiosi, cattolici e non.
Nascita e attività
Abbiamo visto nei mesi scorsi come Gesù, personaggio che noi storicamente crediamo effettivamente esistito, non sia nato a Betlemme, città in cui secondo le profezie doveva venire al mondo il Messia ebraico discendente di Davide. Ma nemmeno a Nazareth che in quei tempi nemmeno ancora esisteva. Il dubbio, come abbiamo scritto nei precedenti articoli, toccò anche papa Benedetto XVI che ne parlò nel suo libro «L’infanzia di Gesù».
In aggiunta, nel capitolo 4 del vangelo di Luca leggiamo una descrizione di Nazareth assolutamente incongruente con quella città anche rispetto a tempi successivi. Ma essa invece calza a pennello alla città di Gamala, noto covo di ribelli antiromani qual era anche in realtà anche Gesù.
Sappiamo anche che l’appellativo Nazareno mira a coprire il fatto che fosse un nazireo, ovvero un consacrato a Dio che faceva voto di seguire rigidamente alcune regole.
Dunque, Gesù-Giosuè era un rabbino (capo spirituale di un gruppo) antiromano, rigidamente osservante le leggi mosaiche, che di dar vita a una nuova religione non si è mai sognato.
Che non fosse armato di buone intenzioni lo leggiamo, ad esempio, in Matteo 10,34: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada“, ma anche Luca 22,36: “Ed egli soggiunse: Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una“.
Rispetto al non aver mai pensato di fondare un’altra religione leggiamo per esempio Matteo 5,17: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento“.
Due fatti curiosi: il suo dibattere con i farisei, spesso usato per dimostrare il dissenso di Gesù verso l’ebraismo, non era un litigio ma la prassi degli ebrei che studiano la Bibbia: è prescritto infatti che si studi sempre almeno in due e che se uno faccia un’affermazione l’altro esprima immediatamente il concetto contrario per evitare di assumere convinzioni a cuor leggero. Secondo fatto curioso: i rabbini, proprio per obberire al comando “crescete e moltiplicatevi”, dovevano essere obbligatoriamente sposati. Nella storia si conosce una sola eccezione a questo obbligo, ed il nome di questo rabbino non era Gesù, ma Simeon ben Azzai. Quindi a meno che, come sostenuto anche da papa Benedetto XVI, Gesù fosse un Esseno, comunità in cui si praticava normalmente il celibato, una moglie (Maria Maddalena) ci sta tutta.
I miracoli
Rispetto a questo aspetto, per non toccare la suscettibilità dei fedeli, ci limitiamo a dire che:
– in ordine alla resurrezione di Lazzaro, alcuni studiosi, come Christopher Knight e Robert Lomas in “La Chiave di Hiram” (Mondadori, 1997) lo descrivono come un rituale iniziatico simile nella sostanza a quello con cui ancora oggi i compagni massoni vengono elevati al ruolo di maestri;
– Rispetto al “ridare la vista ai ciechi” Giuosuè-Gesù sembra semplicemente mettere in pratica un sistema già allora conosciuto ed in uso per rimuovere la cataratta, tanto che in un caso il “miracolato” viene trattato non una ma due volte per la restituzione della vista. Evidentemente il primo passaggio non era stato del tutto efficace;
– In ordine ad un terzo caso, quello della guarigione del ragazzo indemoniato, riportata in Matteo 17,14-18, Marco 9,14-27 e Luca 9,37-43, un medico specialista, che ha poi consentito all’autore italiano Mauro Biglino di riportarlo in uno dei suoi libri, ha sostenuto che il ragazzo fosse ammalato di epilessia e che Gesù in quel caso – probabilmente a conoscenza dei sintomi – avesse semplicemente atteso che la crisi si evolvesse e terminasse senza fare altro.
L’arresto e il processo
Una prima puntualizzazione: ai romani dei culti locali non è mai fregato alcunché. Anzi, li lasciavano in vita proprio per non creare attriti con i popoli da loro conquistati. Unica cosa pretesa era che si tributassero onori divini anche all’imperatore in carica. Quindi che Gesù fosse stato perseguitato perché rabbino ebreo o (ma abbiamo visto non sia così) perché capo di una nuova religione non sta né in cielo né in terra.
Tra l’altro nei vangeli in greco – Giovanni, in questo caso – si parla chiaramente di una coorte mandata ad arrestare Gesù. La coorte era la decima parte di una legione ed era composta da 480 persone (anche 600 in altri periodi storici). Se non si fosse trattato di un pericoloso gruppo di ribelli ma di pacifici religiosi i romani avrebbero mandato 480 uomini bene armati?
Una cosa invece che trova riscontro è perfettamente plausibile che gli ebrei, almeno quelli che gestivano il potere e che per conservarlo non volevano problemi con i conquistatori romani, consegnassero ad essi ogni volta che potevano i ribelli antiromani. E quindi è molto probabile che Gesù sia stato tradito poiché stava preparando la sua rivolta.
Ma i soldati romani che avevano catturato Gesù, da padroni invasori, lo avrebbero mai portato agli ebrei perché lo giudicassero? Quanto giunto a noi storicamente afferma categoricamente “No”. Perciò quanto leggiamo per esempio in Marco 13 al verso 53: “Allora condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi“, appare come una manipolazione per motivi che diremo tra qualche rigo.
In ordine al processo, per come raccontato dai vangeli assomiglia più a un linciaggio: preso il giovedì sera, messo in croce il venerdì. Ed in effetti l’esecuzione senza alcuna formalità di un ribelle ci sta tutta.
Il meccanismo, come raccontato, sa di “trovata” teologica per discolpare i romani (Pilato che non trova nessuna colpa in Gesù e affida al popolo la scelta sulla sua sorte) e dare la colpa del teicidio agli ebrei. I più anziani ricorderanno che fino al 1959, quando papa Giovanni XXIII la fece eliminare d’imperio, nel rito del Venerdì santo c’era la frase: «Oremus et pro perfidis Judaeis ut Deus et Dominus noster auferat velamen de cordibus eorum; ut et ipsi agnoscant Jesum Christum, Dominum nostrum», ovvero “Preghiamo anche per i perfidi Ebrei, affinché il Signore e Dio nostro tolga il velo dai loro cuori ed anche essi riconoscano il Signore nostro Gesù Cristo“.
Esiste un motivo per questo: avendo l’imperatore Costantino liberalizzato nel 313, con l’editto di Milano, tutte le religioni lanciando già uno sguardo privilegiato al cristianesimo, reso poi religione di Stato nel 380 con l’editto di Tessalonica dall’imperatore Teodosio, potevano mai i romani riconoscere di essere stati gli assassini di Gesù? Assolutamente no! Molto meglio, come è stato dal VI dopo Cristo secolo al 1959, affibbiare questa colpa agli ebrei.
Alla prossima settimana!