L’artista teatino espone fino al 18 febbraio alla Pinacoteca provinciale di Salerno 20 opere da considerarsi narrazioni oniriche dal sapore metafisico. Tra queste una maxi tela dedicata alla Divina Commedia

Narrazioni oniriche dal sapore metafisico: così possono considerarsi le 20 opere esposte nella monografica “L’ultimo viaggio” del maestro teatino Costantino Di Renzo, che si è aperta il 3 febbraio alla Pinacoteca provinciale e che si prolungherà fino al 18 febbraio.
Dopo i saluti del presidente della Provincia Franco Alfieri, del sindaco di Salerno Enzo Napoli, della vicesindaco Paki Memoli, del consigliere regionale Andrea Volpe, del delegato alla cultura provinciale Francesco Morra, del sindaco di Montecorvino Martino D’Onofrio e del consigliere comunale Commissione Cultura Tonia Willburger, hanno illustrato l’iniziativa ieri mattina Giuseppe Carabetta, curatore della mostra, e Pio Vicinanza, rettore dell’ Università Popolare Scuola Medica Salernitana insieme al preside Carlo Montinaro.
Sono intervenuti successivamente il senatore Alfonso Andria, l’on. Guido Milanese, l’on. Tino Iannuzzi, il presidente del Rotary Salerno Est Camillo De Felice. Le note del violino di Daniele Gibboni hanno introdotto i presenti nell’itinerario artistico. I lavori sono stati eseguiti in questi ultimi anni: partono da fatti attuali per divenire ironici traslati sul mondo contemporaneo e profondi scavi nell’interiorità dell’essere umano. Ma questi racconti visivi toccano anche tematiche sociali come l’immigrazione, l’anoressia, la pedofilia, le varie deformazioni mentali e le psicosi delle persone. Anche il mito ha catalizzato la sensibilità espressiva dell’artista come i personaggi dell’antico mito mediterraneo. Di Renzo ha realizzato inoltre una maxi- tela che illustra ed interpreta le tre Cantiche della Divina Commedia, commentate dalla professoressa Pina Basile, presidente della “Società Dante Alighieri” di Salerno.
L’artista, originario di Chieti, ha scelto di vivere lontano dalla città e la sua dimora di campagna è completamente immersa nella natura. Lì continua a creare le sue immagini ed a trasferirle sulla tela. Immagini che ha comunicato in diversi siti d’arte: da New York, a Sidney, a Basilea, a Osaka, a Miami, ma anche in importanti gallerie italiane. Dopo i suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Roma, la sua ricerca pittorica si è orientata interamente sull’arte del passato: alla fine degli anni 70, è stato in America dove Hopper lo ha catturato ed il suo quadro “Il venditore di formaggio” richiama chiaramente questo grande artista della corrente del realismo americano. Lì ha frequentato gli studi di famosi pittori iperrealisti come Chuck Close, Don Eddy, Richard Estes, pur non aderendo in pieno alla loro corrente.  Non si è mai interessato ai contenuti tematici dell’iperrealismo, ma esclusivamente alla loro tecnica esecutiva, si è concentrato anche sulla pittura dell’olandese Vermeer a cui rimanda la sua opera “Io sono Vermeer”. Ha riprodotto poi “Il ritratto dei coniugi Arnolfini” ispirandosi in maniera manifesta al pittore fiammingo Jan van Eyck, mentre a Caravaggio ha dedicato il lavoro dal titolo “Caravaggio è stato qui”.

 

Di Gabriella Taddeo

Gabriella Taddeo è laureata in Filosofia e lettere moderne. Ha pubblicato una notevole serie di saggi di critica d’arte e letteraria. È pubblicista dal 1995, ha collaborato e collabora con giornali e riviste (Il Mattino, Puracultura, La Città, Lapis arte, Arte e... Dossier sud, Lapilli, rivista T.A.G.S, L’attualità). È stata responsabile e curatore del Museo municipale “Città creativa” della ceramica dal 2001 ad ottobre 2018. Attualmente è direttrice della rivista semestrale internazionale Matres.