Il Cristo detto “Figlio di Dio”, che come vedremo non è nato a Nazareth, ha avuto anche secondo Benedetto XVI una formazione religiosa nella celebre comunità ebraica, e con lui, secondo il defunto pontefice emerito anche Giovanni Battista
Debbo ringraziare con soddisfazione quanti mi hanno chiesto di approfondire la questione del luogo di nascita di Gesù. Diciamo pure che è un problema che si è posto anche un fine teologo che ci ha lasciati l’ultimo giorno del 2022: Joseph Aloisius Ratzinger, salito al soglio nel 2005 con il nome di Benedetto XVI e dimessosi nel 2013.
Nel suo libro «L’infanzia di Gesù» (2012) il defunto papa emerito mette in discussione la nascita a Betlemme, che «sarebbe un’affermazione teologica, non storica». In pratica, siccome la Bibbia afferma che il Messia ebreo doveva essere un discendente di Davide e nascere a Betlemme, in tal modo gli evangelisti cercavano «di accreditare il Nazareno come colui che compiva letteralmente le promesse delle Scritture», come leggiamo in un articolo di Avvenire che possiamo reperire a questo link e datato 22 novembre 2023. Alla fine però Benedetto XVI, in un eccesso di prudenza, torna suoi suoi passi e afferma: «Io non vedo come si possano addurre vere fonti a sostegno di tale teoria… Se ci atteniamo alle fonti, rimane chiaro che Gesù è nato a Betlemme ed è cresciuto a Nazareth».
Il problema è che fino al III secolo Nazareth non è citata da alcuna fonte storica, e San Gerolamo (347-420 d.C.), noto per essere l’autore della traduzione in latino della Bibbia conosciuta come Vulgata, afferma che si tratti di un piccolo villaggio, in pianura, abitato da un centinaio di persone.
Ma in Luca 4, versi 14-30, leggiamo che la città di Nazareth sorgeva in un luogo alto ed era dotata di una sinagoga. Però, a parte la notizia di San Gerolamo che il borgo sorgesse in pianura, l’archeologia non ha restituito tracce di sinagoghe a Nazareth.
Quale sarebbe dunque la città di Gesù? Le due candidate sono Cafarnao, citata nei vangeli, ma soprattutto Gamala, che corrisponde perfettamente dal punto di vista geografico ma anche per la presenza di una sinagoga. Il problema è che Gamala era un “covo” di ribelli antiromani, e quindi associare Gesù-Yoshua a quella città sarebbe stato imbarazzante.
Resta il mistero di Nazareth e della definizione di Nazareno? Solo in parte, perché l’aver collocato la crescita di Gesù a Nazareth sarebbe servita a nascondere il vero significato di Nazareno: nazireo, ovvero un consacrato a Dio che faceva voto di seguire rigidamente alcune regole. Dove si sarebbe formato dal punto di vista religioso Gesù-Giosuè? Certamente in parte alla scuola di rabbi Hillel, scomparso il 7 dopo Cristo e guida della scuola rabbinica più celebre di Israele, che a differenza del rabbi Shammai, suo “avversario”, che era per l’applicazione rigidissima della legge mosaica, aveva orientamenti più flessibili e moderni. Da lui, per esempio, Gesù avrebbe mutuato due celebri affermazioni: “Non voi per il sabato, ma il sabato per voi“, e “Chi è senza peccato scagli la prima pietra“. Insomma: ok, c’è la legge, ma usiamola con intelligenza!
C’è poi Jacob L. Teicher (The Dead Sea Scrolls: Documents of the Jewish Christian Sect of Ebionites, in Journal of Jewish Studies, n. 2 [1951], pp. 67-99.). che ritiene che Gesù si sia formato alla scuola essena, e dello stesso parere è papa Ratzinger nel libro su Gesù già citato. Egli dichiara, parlando dei rotoli di Qumran: «Ci colpisce la devota serietà di questi scritti: sembra che Giovanni il Battista, ma forse anche Gesù e la sua famiglia, fossero vicini a questa comunità. In ogni caso i manoscritti di Qumram presentano molteplici punti di contatto con l’annuncio cristiano. Non è da escludere che Giovanni il Battista abbia vissuto per qualche tempo in questa comunità e abbia in parte ricevuto da essa la sua formazione religiosa». Del resto il cardinale Ratzinger, quando era prefetto della Congregazione per la Fede, nel 2002, in un documento del Vaticano dedicato a “Il popolo ebraico e le sue sacre scritture nella Bibbia cristiana“, aveva già scritto, tra le altre cose: «D’altra parte, il cristianesimo primitivo si trova in relazione con gli zeloti, la corrente apocalittica e gli esseni, di cui condivide l’attesa messianica apocalittica; del giudaismo ellenistico ha adottato un corpus di Scritture più ampio e un orientamento più sapienziale, più incline a favorire rapporti interculturali». Insomma, la conferma di quanto abbiamo affermato nell’articolo della scorsa settimana e di quanto sosteniamo in questo.
Vogliamo dunque citare esempi della cultura essena che Gesù manifesta nei vangeli? Ne elenchiamo solo alcuni, confortati anche dalle conferme che ci dà lo storico Giuseppe Flavio: Gesù così parlava di giustizia: «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati», al pari degli Esseni che incitavano ad “Osservare la giustizia verso gli uomini, combattere sempre gli ingiusti e di aiutare i giusti”.
Una delle attività di Gesù era quella del guaritore, dal momento che nei vangeli leggiamo che «Andava attorno per tutta la Galilea curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo». La stessa cosa facevano gli Esseni: “Per la cura delle malattie essi studiano le radici medicamentose e le proprietà delle pietre”.
Potremmo continuare a lungo, ma mi fermo all’ultima. Quando gli Esseni sedevano a tavola per mangiare, al più anziano o al più importante toccava la benedizione del pane e del vino. Vi ricorda niente?