L’artista, che si esprime attraverso la pittura ma anche l’interior design e la ceramica, passando perfino attraverso la musica, ha le idee chiare: «Queste arti sono tutte figlie della stessa matrice, la creatività»
Marco Vecchio, artista già da tempo affermato, che apre il suo laboratorio di Paestum il 10 dicembre nella mattinata all’esterno per mostrare i suoi manufatti, i suoi dipinti ed i suoi oggetti di interior design da arredamento, ci ha risposto ad alcune domande che meglio illustrano la natura della sua attività più che ventennale:
– Questo Open-space, un incontro attraverso cui ti mostri agli altri, sintetizza un po’ il tuo lavoro di un anno?
“Sicuramente è un punto di arrivo. L’open-space è un appuntamento annuale al quale non ho mai voluto rinunciare. Era già un rito con mio padre, rappresentava il primo brindisi natalizio ed insieme un modo per celebrare con amici e conoscenti i colori da sempre testimoni del mio tempo”.
– Dalla pittura all’interior design, fino alla ceramica ma anche passando attraverso la musica come si intersecano questi differenti campi nel tuo essere plurale?
“In fondo queste arti sono tutte figlie della stessa matrice, la creatività. Gli espressionisti tedeschi credevano nella “sinestesia” dei linguaggi, molti di loro erano musicisti oltre che pittori. Per me il suono ed il colore sono sinonimi. Non esiste scissione tra queste due espressioni che in realtà hanno molto in comune tra loro, nella facoltà di suggerire altri cieli, altre stanze come direbbe Truman Capote”.
– In una sola cifra verbale come definiresti il tuo modo di fare arte?
“Difficile definire sé stessi. Credo che in ogni vero artista la ricerca sia continua. Io mi considero un esploratore al di fuori del tempo. Il mio segno ha origini arcane, ma insieme è proiettato nel futuro in un’era molto lontana da questa”.
– Quali le tue scelte di sperimentazione nell’immediato poi?
“Sicuramente la musica avrà uno spazio sempre più predominante anche nella mia pittura e ci sarà una fusione fra queste due espressioni. Penso già ad una installazione di strumenti musicali come se fossero quadri”.
– L’ultima tua esposizione si è focalizzata sullo specchio come mondo parallelo. Invece la tua mostra che verrà la stai già pensando?
“Lo specchio per me è stato il simbolo di un passaggio. Una porta da attraversare come per Alice per vivere un mondo solo apparentemente lontano da quello reale, e che io rivendico tutto, proprio come il sogno. Tutta la mia opera mostra altri orizzonti dai quali osservare. Il senso stesso dell’arte credo sia quello di porsi delle domande. Questa è l’unica costante che come una stella polare guiderà il mio domani”.