Dalla traduzione sbagliata di “figlio di Giona” allo spietato assassinio di Anania e Safira narrato negli Atti degli apostoli e confermato nel 2018 anche da papa Francesco
È ricordato dai Vangeli e dalla tradizione cristiana come la “pietra” su cui Gesù avrebbe costruito la sua chiesa (Matteo 16,18), come colui che lo tradì tre volte dopo il suo arresto (Marco 14,66-72 e negli altri due sinottici), e come colui che nel subbuglio dell’arresto tagliò l’orecchio con la sua spada a Malco, una guardia del tempio (Giovanni 18, 10).
Parliamo di Pietro, anzi, per i cristiani, parliamo di San Pietro, primo papa secondo la tradizione.
Ma chi era realmente Pietro, anzi, Simone il pescatore?
Il Vangelo di Luca lo descrive come uno zelota. Appartenente, cioè, a quel gruppo politico-religioso giudaico considerato terroristico dai romani perché accaniti sostenitori dell’indipendenza della Giudea e dell’ortodossia integralista ebraica. Nei Vangeli (scritti in greco, lo ricordiamo) viene definito figlio di Giona, traducendo in modo assolutamente fasullo il termine barjona. La parola viene infatti artificiosamente divisa in “bar” (figlio di) e “Jona” (Giona), ma la parola intera, barjona, significa invece latitante, come sottolinea, tra i tanti, anche Giancarlo Tranfo nel suo libro “La croce di spine” del 2008.
In quanto a Kefas, che significa “roccia” ed è stato tradotto in latino in Petrus, sembra proprio che il termine si riferisse alla sua prestanza fisica.
Simone Pietro, tra l’altro, a Roma non risulta mai giunto in modo storicamente comprovato. A sostegno degli scettici questi fatti: quando Paolo incontra per l’ultima volta gli apostoli a Gerusalemme trova solo Giacomo, ma di Pietro non si dice nulla, nemmeno che sia morto. Quando due anni dopo Paolo giunge a Roma e incontra gli ebrei del posto (incontro ampiamente descritto e documentato) non parla della presenza di Pietro né lo nomina.
Pietro è celebre, comunque, anche per quanto narrato nel capitolo 5 degli Atti degli apostoli: l’episodio di Anania e Safira. In sintesi Anania e sua moglie Safira decidono di unirsi alla comunità degli apostoli e, per far questo, come da disposizioni di Gesù (Va, vendi tutto quel che hai e dallo ai poveri) vendono la loro proprietà e portano il ricavato ai piedi di Pietro. Ma trattengono una parte dei soldi. Pietro, che evidentemente aveva – come in tutte le sette – un buon servizio di informazione, rimprovera duramente Anania per questo suo comportamento e Anania, “cadde a terra e spirò“. Com’era morto? Lo scopriremo fra poco. Aggiungiamo prima che poi arriva anche Safira e Pietro, con molta malizia, le chiede: «Dimmi: avete venduto il campo a tal prezzo?». Ed essa: «Sì, a tanto». E Pietro le disse: «Ecco qui alla porta i passi di coloro che hanno seppellito tuo marito e porteranno via anche te». D’improvviso cadde ai piedi di Pietro e spirò. Com’era morta anche Safira? Avevano avuto entrambi un infarto? Erano morti di paura?
Il primo a dirci cos’era realmente successo è Girolamo, San Girolamo per gli amici, vissuto tra il 347 e il 420 dopo Cristo, che fu l’autore della Vulgata, ovvero della Bibbia tradotta dall’ebraico in latino.
Nella sua epistola 109 Girolamo ricorda la “severitas Petris necantis Ananiam“, ovvero la durezza di Pietro che uccise Anania (e Saffira). Ne fa cenno anche Porfirio in Macario, Apocritico, III, 21.
E se si volesse una ulteriore conferma, ci viene in aiuto papa Francesco, che nel suo incontro con i seminaristi della Lombardia del 16 ottobre 2018, interrogato sugli scandali della Chiesa dice testualmente: «È necessario che ci siano degli scandali” – dice Gesù. Lo scandalo è dall’inizio della Chiesa: pensate ad Anania e Saffira, quei due che volevano truffare la comunità: uno scandalo. Pietro ha risolto in modo chiaro lo scandalo, in quel caso: ha “tagliato la testa” a tutt’e due».
Insomma, per farla breve, la comunità era governata da Pietro, terrorista politico e assassino per danaro.