Una serie di elementi storici e ben conosciuti, i vangeli canonici, alcuni apocrifi e perfino il Corano per smascherare la mistificazione sul Rabbi messianico che combatteva i romani
Gesù è morto in croce e risorto dopo tre giorni: così da circa 2000 anni ci racconta il Cristianesimo. Ma sarà veramente così?
Oggi lo scopriremo. Ci aiuteranno alcuni fatti raccontati nei vangeli che abbiamo a casa (per esempio, l’episodio della spugna imbevuta di aceto), altri contenuti in un vangelo apocrifo (quello di Pietro), e perfino il Corano.
E allora andiamo ad iniziare. Premetto anche questa volta che non vi è intenzione di offendere la fede di nessuno: questa è una ricerca storico-letteraria, basata sulle parole contenute nei codici in lingua originale (greca) dei vangeli, su fatti storici certi e sulla considerazione che se un vangelo scrive “A” vuol dire “A” e quelle cose non vanno interpretate a piacere. Io non sono, insomma, un esegeta (un interprete delle cosiddette Sacre scritture).
Cominciamo dunque dal Vangelo di Marco, quello che Chiesa e la totalità degli studiosi ritengono il primo composto (quasi sotto dettatura di “San Paolo” che mai aveva conosciuto il personaggio Gesù).
Chiesa e studiosi ritengono che i versi finali (capitolo 16 versi da 9 a 20) siano un’aggiunta postuma per pareggiare il racconto con gli altri sinottici scritti dopo. Delle apparizioni post resurrezione, insomma, nessuna traccia.
A proposito: levatevi dalla testa che i vangeli siano stati scritti da Marco, Luca, Matteo e Giovanni. Tutti gli addetti ai lavori, in tonaca o meno, sanno che sono attribuzioni di fantasia.
E dunque, la resurrezione, già nel primo vangelo, è un annuncio dato da un sedicente tizio vestito di bianco (come tanti, all’epoca) seduto davanti alla tomba.
Ma la morte, come sarebbe avvenuta? E quanto tempo è stato nella tomba Gesù?
Tralasciamo qui i tempi e i modi improbabili del processo, che assomigliano a un linciaggio in realtà.
Cosa ci dicono i Vangeli? Che dopo 3 ore di croce qualcuno da dell’aceto a Gesù e questi immediatamente dopo muore.
Ora: è noto a tutti che la crocifissione veniva scelta come pena esemplare dai romani proprio perché crudele: alcuni condannati sopravvivevano anche 24-36 ore,tanto che gli si spezzavano ad un certo punto le gambe perché, senza sostegno, soffocassero in pochi istanti.
Gesù invece, che dopo tre ore doveva essere nel pieno delle forze, muore dopo aver ricevuto dell’aceto.
Ma vi è mai capitato che, fatto annusare dell’aceto a una persona svenuta, questa morisse? E qui subentra il primo “trucco” usato da complici del rabbi antiromano Gesù per salvargli le penne. Il segreto? Usare la “spongia soporifera” per causargli una morte apparente.
L’Università di Pavia così la definisce: “La spongia somnifera (o spugna portatrice di sonno) è una preparazione ben nota nella Roma antica. Essa era costituita da una normale spugna marina (spugna naturale) e dall’estratto fresco di alcune piante medicinali, tra cui il Solanum nigrum, lo Hyoscyamus niger, la Cicuta minor, la Datura stramonium, la Lactuca virosa e la Mandragora Officinarum, insieme ad alcune gocce di oppio“.
Insomma, veloci veloci, prima che arrivassero le sei di pomeriggio, quando scattava lo stop a tutto dello shabat (sabato), lo fecero credere morto per evitare di fargli spezzare le gambe, cosa che, questa sì, lo avrebbe fatto morire.
E quindi lo trasportano nella tomba offerta da Giuseppe di Arimatea. E qui sorge il problema dei “tre giorni”. Dal venerdì prima delle 18 alla domenica mattina all’alba (poniamo alle 6) sono al massimo 36 ore, non 3 giorni! Ma qui subentra il vangelo di Pietro, da cui la Chiesa, che condanna gli apocrifi ma li usa a suo piacimento, ha tratto il dialogo con i due ladroni che sempre ci propinano a Pasqua. Ecco cosa vi leggiamo dal verso 36, accaduto la mattina del sabato: “videro aprirsi i cieli e scendere di lassù uomini, in un grande splendore, e avvicinarsi alla tomba. La pietra che era stata appoggiata alla porta rotolò via da sé e si pose a lato, si aprì il sepolcro e vi entrarono i due giovani. A questa vista quei soldati svegliarono il centurione e gli anziani, anch’essi, infatti, stavano di guardia; e mentre spiegavano loro quanto avevano visto, scorgono ancora tre uomini uscire dal sepolcro: i due reggevano l’altro ed erano seguiti da una croce; la testa dei due giungeva al cielo, mentre quella di colui che conducevano per mano sorpassava i cieli“.
E quindi, sia bene in una forma apologetica spinta, poche ore dopo la morte finta, “allo spuntare del sabato”, come si legge qualche rigo prima di quanto qui trascritto, “due giovani” si riprendono Gesù che, ferito, non riusciva a camminare. Quindi, niente morte ma una specie di anestesia propinata, e niente resurrezione ma un semplice recupero del ferito.
Chiudiamo citando il Corano che ha un immenso rispetto per Gesù, secondo solo a Maometto: egli non è né Dio né il figlio di Dio, non è morto in croce e quindi non è resuscitato, ma è stato per la sua rettitudine trasportato in Paradiso in corpo e in anima.