Incrociando la versione dell’Antico Testamento che è nelle nostre case con quella in aramaico in uso nella colonia egizia di Elefantina e con la storia dei Masai viene fuori una grande sorpresa
Ritorniamo, dopo due settimane di assenza forzata, a curiosare tra le pagine dell’Antico Testamento per riprendere e ampliare un argomento che abbiamo già affrontato il 22 dicembre scorso: quello che Mosè, ma anche i fuoriusciti dall’Egitto, non fossero israeliti. L’articolo lo trovi qui:Mosè era un ebreo o, come riporta la Bibbia in aramaico, un egiziano?
Tra l’altro questo sarà l’ultimo appuntamento prima della pausa estiva: ora è tempo di argomenti più leggeri e di divertimento. Di Bibbia torneremo a parlare a settembre con novità importanti. Ma veniamo al nostro argomento. Erano ebrei quelli usciti dall’Egitto al seguito di Mosè? Il professor Lee I. Levine, docente di storia ebraica presso la Hebrew University di Gerusalemme, sostiene, “prove” alla mano, che il concetto di popolo ebraico sia il risultato di un processo che ha avuto lunghi tempi di gestione.
Insomma: se pure avessero anche radici israelitiche parte delle persone che uscirono con Mosè non erano ebrei, e tra l’altro parlavano egiziano. Queste notizie si deducono facilmente da una versione biblica ben più antica di quella che è nelle nostre case, la cui stesura “definitiva” risale solo al 1000 d.C.: quella in aramaico nota come i “Targûmîm“. Essi raccontano che a fuggire dall’Egitto non sarebbero stati gli ebrei, ma esclusivamente egiziani appartenenti a tre caste sociali (alta classe militare, casta sacerdotale e popolino), come abbiamo già accennato lo scorso 22 dicembre. Il che, lo ripetiamo a vantaggio di quanti non hanno letto il porimo articolo, rende credibile che avessero con loro, come specifica il testo biblico, sette tonnellate di preziosi, di cui 1,3 tonnellate di oro.
Ve lo immaginate, infatti, uno schiavo che va dal padrone e gli dice: “io me ne sto andando, mi dai tutto l’oro che puoi?”. In quanti modi lo schiavo riceverebbe dei sonori vaffa, e magari anche qualche calcio al fondoschiena?
Una ulteriore e inaspettata conferma viene dalla storia del popolo africano dei Masai. Essi vengono dall’area del Nilo, e sono emigrati al Sud, verso l’attuale territorio, nel periodo in cui sarebbe avvenuto l’Esodo. Non solo! Raccontano di essere usciti dall’Egitto, di aver seguito fino ad un certo punto la carovana dei fuggitivi ma di essersene poi separati. Ancora un dettaglio? Al pari degli israeliti sono divisi in 12 tribù.
I quarant’anni di soggiorno nel deserto, secondo diversi esegenti biblici, ebrei e non, compresi studiosi cattolici, sarebbero serviti a Mosè e a Yahweh per amalgamare quelle genti in un popolo e a formare veri combattenti per le successive sanguinose campagne militari messe in atto per conquistare la “terra promessa”. Chiudiamo, come facciamo quando possibile, perchè un sorriso allegerisce anche argomenti importanti, con un po’ di ilarità: ma non sembra anche a voi che questo Yahweh, che ha promesso “la terra promessa” a Mosè e popolo, somigli più a un moderno politico che a un dio?
Ma come, tu mi prometti un territorio vastissimo (dal Nilo all’Eufrate!) e non solo non me lo hai mai consegnato, ma me lo devo conquistare io (leggi Giosuè 10) con decine di stragi anche di donne, vecchi e bambini, e con perdite numerose anche da parte degli ebrei?
E, come leggiamo in Giosuè 13,1, mi sfotti pure? “Quando Giosuè fu vecchio e avanti negli anni, il Signore gli disse: «Tu sei diventato vecchio, avanti negli anni e rimane molto territorio da occupare“.
Alla faccia della promessa!