La rassegna ideata da Simona Tortora riparte con uno spettacolo prodotto da Artenauta teatro con la regia di Antonello Ronga ispirato alla celebre fiaba di Giambattista Basile
Dopo lo straordinario monologo “Circe: le origini” con Alessandra Fallucchi, il focus de “L’Essere e l’Umano”, rassegna teatrale curata da Simona Tortora e Artenauta teatro con l’organizzazione di Giuseppe Citarella, si sposta dalla Grecia alla Campania, a sua volta culla di storie memorabili, nate magari dalla trasmissione orale, poi cristallizzate nella parola scritta e divenute patrimonio culturale e identitario di intere aree metropolitane.
Nel caso specifico, ad andare in scena sarà “O cunto d’a jatta” diretto da Antonello Ronga, che ne ha curato anche l’adattamento,tratto dalla celebre fiaba di Giambattista Basile “La gatta cennerentola”, inserita nella raccolta “O cunto de li cunti” che ha ispirato rappresentazioni celeberrime, come quella firmata da Roberto De Simone e dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare nel 1976.
“O cunto d’a jatta” è uno spettacolo dal sapore arcaico fatto di legami con il territorio, contaminazioni, situazioni familiari eppure uniche e sorprendenti. I 22 attori in scena riempiono gli spazi con corpo e parole guidati da un Antonello Ronga che torna a dirigere uno spettacolo per Artenauta dopo lo stop imposto dalla pandemia.
Proprio con Ronga abbiamo fatto quattro chiacchiere per parlare dello spettacolo.
Innanzitutto, da dove arriva il desidero di proporre un testo tratto da Basile?
«Di base c’è che manco ad Artenauta dal 2020! A febbraio 2020 dovevamo andare in scena con un altro spettacolo e quando c’è stata la possibilità di ripartire, la scelta è stata quella di cercare una storia che avesse a che fare con il nostro territorio. C’è una metafora molto bella che è quella della vite: da un tralcio che viene ripiantato può rinascere un’intera pianta. Dunque volevamo ripartire dalle radici e i“cunti”di Basile prendono spunto dalle nostre tradizioni, anche quelle dell’Agro Nocerino-Sarnese. È uno spettacolo cheintende omaggiare quell’universo meraviglioso che è la donna».
Parliamo dell’adattamento e del linguaggio della pièce.
«Dalla scelta del testo alla trasposizione ci sono state contaminazioni, ad esempio musicali e un lavoro importante sulla caratterizzazione dei personaggi anche cambiando loro il sesso e mescolando i ruoli. Il nostro “cunto” si avvicina a quello che viviamo oggi. Il linguaggio originale era certamente un napoletano arcaico e barocco e si è trasformato in un napoletano più moderno e contaminato dal “nocerino”».
Cosa vedremo in scena venerdì sera al teatro Diana?
«Lo spettacolo si sviluppa in quadri e in ogni quadro viene raccontata una rivalsa, il rapporto tra umano e divino o ancora la denuncia sociale e la superstizione, penso alla figura del “munaciello”, combina guai o amante della padrona di casa, a seconda delle storie! Il tono è certamente quello di una commedia»
In scena ci saranno 22 attori: com’è stato dirigere un cast così nutrito?
«Sono abituato a lavorare con tante persone, certo bisogna sapersi organizzare e rispettare i ruoli: il gruppo mi ha ascoltato, si è fidato; nel lavorare ad una messa in scena vige la legge del FAF, “famo a fidasse” ed è andata proprio così!»
{loadmoduleid 284}L’appuntamento è per domani alle 20 e 45 al teatro di piazza Guerritore. Per l’acquisto dei biglietti, il cui costo è di 12€, 10 per under 18 e over 65, è possibile rivolgersi al botteghino del teatro o telefonare al 3205591797 e al 3287892486.