Lo chef stellato in occasione di San Giuseppe e la Festa del Papà, ricorda l’impegno del padre per conservare e rendere fruibile il lungofiume per la comunità dell’Agro e non solo
Passeggiando lungo uno dei tre affluenti che vanno poi a comporre il fiume Sarno, nello specifico il Rio Santa Marina (dal nome della chiesa che si ergeva in alto sulla sommità della sorgente) nella frazione di Lavorate di Sarno, vi potrebbe capitare di incontrare Lorenzo o uno dei suoi fratelli intenti a curare le sponde del fiume.
È così che l’ho conosciuto settimana scorsa, mentre piantava bulbi di narcisi e calle lungo l’argine.
Quando gli ho chiesto di presentarsi per questa intervista, mi ha detto solo: “Sono Lorenzo Montoro, un cuoco”. Ed invece Lorenzo, a dispetto della sua umiltà, ha lavorato in importanti ristoranti della costiera amalfitana ed è oggi l’executive chef del “Flauto di Pan”, ristorante stellato di Villa Cimbrone a Ravello.
Eppure resta legatissimo alla sua città natale, Sarno, e all’omonimo fiume, tanto mortificato negli anni nella reputazione e nei fatti, nonché noto a molti per il suo amaro primato di fiume più inquinato d’Europa.
A vedere le acque cristalline della sorgente Santa Marina, presso la Masseria Pigliuocco a Lavorate però, si fa fatica a credere si tratti dello stesso fiume.
“Anche qui – sottolinea Lorenzo – l’intervento dell’uomo in poche decine di anni, ha cambiato molto l’aspetto del luogo e l’habitat”, ma finora, grazie anche alle attente cure del papà Giuseppe (chiamato amichevolmente dai locali Zi’ Peppe) che ha difeso e custodito questo tratto di fiume fino alla sua recente scomparsa, ci si può ritrovare ancora in un posto ameno, dimora di diverse specie di flora e fauna fluviale, “a parlare del fiume bello, del posto che dà ancora emozioni; in questi 9 metri circa di lungofiume di Papà. […] Pensate se si fosse fatto lo stesso lungo tutto il suo corso!” – commenta con rammarico.
“Mio padre era una persona molto sensibile e curiosa. Amava osservare la natura e questo gli ha permesso già qualche decennio fa di capire quali fossero i problemi che questo luogo avrebbe potuto avere. Con i suoi mezzi ha cercato di fare qualcosa per aiutarlo, ha combattuto cercando di sensibilizzare le persone, i bambini. Andava nelle scuole, voleva che le maestre li portassero giù al fiume per osservarne la bellezza, che però purtroppo, lui stesso, negli anni ha dovuto veder svanire. Ci teneva a tenere bello e pulito questo luogo, gli piacevano le piante, i pioppi in particolare. Ha voluto mantenerlo sempre accessibile a tutti, come luogo di ritrovo per ‘gli amici del fiume’. Tutti, durante la giornata, passavano da Zi’ Peppe. L’altro giorno stavo piantando dei fiori lungo gli argini. Nel periodo invernale ho più tempo per stare qui e ne approfitto per sistemare e curare un po’ il posto e fare qualche lavoretto. Prima lo faceva lui. A noi oggi spetta il compito di continuare a rendere questo posto un luogo di ritrovo, che racconti il territorio. Farlo conoscere ai giovani per far sì che siano loro a sentirlo proprio e sentirsene custodi, difenderlo, iniziando ad andare verso la giusta direzione, con progetti seri in termini di riqualificazione ambientale e non ragionando con la mentalità di ricavare, prendere dal fiume, sfruttare”.
Domani, 19 marzo, in occasione di San Giuseppe e la Festa del Papà ed in ricordo di Zi’ Peppe, la moglie, Lorenzo, e gli altri figli Giovanni e Dario, proprio sul lungofiume che egli amava tanto, accoglieranno gli amici di sempre come lui era solito fare. “Papà ci teneva tutti gli anni ad accogliere qui gli amici con le classiche zeppole. Quest’anno che lui non c’è, per noi sarà sicuramente tutto diverso, però vogliamo che non si perda questa tradizione a cui teneva molto. Anche questo è per noi un modo di continuare a portare avanti quello che lui ci ha lasciato e sentirlo vicino. Quindi aspetteremo qui gli amici di Zi’ Peppe che vorranno ricordarlo con noi”.
In alto una foto di Zi’ Peppe con la poesia “Sciummariell” che dedicò al suo amato Rio Santa Marina.