Nel 2016 un convegno-dibattito interconfessionale mise a nudo diverse questioni bibliche delicate: dall’esistenza di Dio alla creazione. Oggi ci occupiamo delle presunte colpe di Adamo ed Eva
Esiste davvero il peccato originale? E davvero la colpa di Adamo ed Eva ricade così pesantemente sull’umanità?
Questa domanda – fra le altre – fu posta ai relatori di un convegno tenutosi nel 2016 a Milano, di fronte a un pubblico molto numeroso. A confrontarsi un ex traduttore dall’ebraico in italiano per le edizioni San Paolo, il rabbi capo della comunità ebraica torinese, un arcivescovo ortodosso, un pastrore valdese e un teologo cattolico.
Le risposte, reperite dalla trascrizione ufficiale del convegno, sono sconcertanti per un cattolico. Leggiamole insieme…
Mauro Biglino, ex traduttore biblico ed oggi affermato scrittore: «La Bibbia di Gerusalemme, parlando proprio della cacciata di Adamo ed Eva dal cosiddetto paradiso terrestre, dice testualmente: “Non si tratta di una punizione per una colpa già commessa ma si tratta di una decisione preventiva. E quindi non va cercato qui ciò che vi è stato letto successivamente. In particolare la lettura di Paolo – lettera ai Romani e lettere ai Corinzi – e non va cercato qui ciò che poi è stato elaborato dalla teologia successiva”. Cioè, il concetto del peccato originale non va cercato lì, nel senso che è un prodotto di una elaborazione successiva».
Ariel Di Porto, rabbi capo della comunità torinese: «Nell’Ebraismo questo non c’è se non in maniera estremamente velata. Si tratta, insomma, di qualcosa di molto più periferico all’interno della nostra tradizione rispetto a quanto non possa essere invece nel mondo cristiano».
Monsignor Bica, arcivescovo ortodosso: «Gesù è venuto per riscattare che cosa? La nostra disobbedienza. Ecco perché io mi ritrovo nel Gesù morto sulla croce, mi ritrovo e scopro un atto veramente di amore. Ma di amore profondo per tante generazioni di persone che verranno. E la sua morte sulla croce, e la resurrezione, che noi cristiani crediamo, è universale, e dunque vale per tutti e per tutto».
Daniele Garrone, pastore valdese: «Tra la Genesi 3 e Romani 5:12, dove l’apostolo Paolo dice che per mezzo di un uomo la morte è entrata nel mondo, evidentemente non c’è coincidenza. Anzi, uno leggendo Paolo si può chiedere dove trova quell’idea cioè di un atto di decadenza, di di un fallimento iniziale dell’umanità, che poi l’avrebbe sempre caratterizzata, dove lo trova in Genesi 3. Una delle cose che mi ha sempre più colpito è l’atteggiamento di Dio che alla fine non sembra drammaticissimo. Dice: “Va bene, sono diventati come uno di noi, se stanno ancora nel giardino possono prendere l’albero che li rende oltretutto immortali, mandiamoli via”. Ma si preoccupa persino del fatto che loro si vergognano di essere nudi e li copre. Cioè, non sembra, appunto, una reazione apocalittica».
Don Ermis Segatti, cattolico e docente di Teologia: «Staccherei il concetto di peccato originale da un concetto clanico di peccato, cioè i genitori han peccato e i figli se lo tiran dietro. Una roba di questo genere secondo me nel Nuovo Testamento è ampiamente sconfessata. Anche se, purtroppo, è stata ampiamente usata in teologia».