Integra il reato di omissione di atti d’ufficio la condotta del sanitario che non si presta né ad un intervento presso il domicilio del malato, né ad un consulto telefonico, nonostante siano state denunciate gravi difficoltà respiratorie al 118
di Danila Sarno
Linea dura della Cassazione in materia di responsabilità medica: commette reato di omissione di atti d’ufficio (ex articolo 328 del codice penale) il medico di continuità assistenziale che rifiuta di recarsi presso il domicilio di una paziente di età avanzata, impossibilitata a muoversi a causa di fratture alle costole e di cui siano state denunciate gravi difficoltà respiratorie al 118. È quanto è stato chiarito nella sentenza numero 44057 del 2022, con cui la Consulta ha rigettato il ricorso proposto dall’imputato avverso la condanna emessa nei suoi confronti dalla Corte d’Appello di Torino. Nel dettaglio, il ricorrente ha affermato di non aver prestato il proprio intervento perché avrebbe ritenuto non urgente la visita domiciliare. I difensori, inoltre, hanno ricordato che, in base alla normativa regolamentare e agli accordi collettivi, il medico di guardia non è obbligato a recarsi presso il domicilio del malato, potendo decidere di volta in volta a propria discrezione, sulla base di una valutazione concreta.
Gli Ermellini hanno ritenuto il ricorso manifestamente infondato, chiarendo che la visita domiciliare non è obbligatoria solo se il medico si avvale concretamente di un’altra modalità di adempimento del proprio dovere. Più precisamente, il sanitario deve valutare, sotto la propria responsabilità, se sia più opportuno fornire un consiglio telefonico oppure recarsi al domicilio per una visita o ancora invitare l’assistito in ambulatorio. Nel caso in analisi, tuttavia, considerato il mancato svolgimento di un consulto telefonico e che le condizioni della paziente le impedivano di recarsi in ambulatorio, l’unica modalità possibile risultava essere proprio la visita presso il domicilio, ingiustificatamente non eseguita.
Per di più, la Suprema Corte ha fatto presente che l’urgenza di un intervento è sì oggetto di valutazione discrezionale da parte del medico, ma allo stesso tempo il giudice ha il potere di sindacarla in caso di evidente erroneità di quest’ultima. Nel caso in esame, tale potere è stato esercitato dal giudice d’appello, per il quale risultava evidente che il quadro clinico descritto dall’utente avrebbe imposto di recarsi immediatamente al domicilio della malata. A tal proposito, premesso che l’omissione di atti d’ufficio ha natura di reato di pericolo, non va data alcuna rilevanza al fatto che la mancanza di urgenza, affermata dall’imputato, sia risultata ex post corretta, in quanto confermata da un secondo medico intervenuto più tardi. Il motivo è semplice: il pericolo per la salute dell’assistito già sussisteva al momento della realizzazione della condotta omissiva, a nulla rilevando la sua successiva neutralizzazione ad opera di un terzo.
Infine, per la Cassazione, il fatto che l’imputato non abbia ritenuto urgente la visita non consente neppure di escludere il dolo. Infatti, l’indifferibilità dell’atto d’ufficio era ragionevolmente ipotizzabile al momento della telefonata, considerate le condizioni della donna, l’età e la tipologia di sintomi riferita dal figlio, né può incidere la circostanza che il pericolo fosse venuto meno per effetto del successivo intervento di un altro medico.