Giuseppe Flavio, Tacito, Seneca, Plinio il vecchio: sono solo alcuni degli autori antichi, di indubbia rispettabilità, che scrivono di fenomeni che oggi chiameremmo Ufo
La Bibbia e i testi antichi parlano di oggetti volanti? Pare proprio di sì, ed anche in modo molto chiaro.
Infatti, nel sesto libro delle Guerre Giudaiche di Giuseppe Flavio, ai versi dal 296 in poi, leggiamo, con riferimento agli eventi che precedono la caduta di Gerusalemme: “Non molti giorni dopo la festa, il ventuno del mese di Artemisio, apparve una visione miracolosa cui si stenterebbe a prestar fede; e in realtà, io credo che ciò che sto per raccontare potrebbe apparire una favola, se non avesse da una parte il sostegno dei testimoni oculari, dall’altra la conferma delle sventure che seguirono. Prima che il sole tramontasse, si videro in cielo su tutta la regione carri da guerra e schiere di armati che sbucavano dalle nuvole e circondavano le città. Inoltre, alla festa che si chiama la Pentecoste, i sacerdoti che erano entrati di notte nel tempio interno per celebrarvi i soliti riti riferirono di aver prima sentito una scossa e un colpo, e poi un insieme di voci che dicevano: “Da questo luogo noi ce ne andiamo”.
Tacito, invece, in Historiae, libro V paragrafo 13, parla dello stesso episodio: “S’eran verificati dei prodigi; prodigi che quel popolo, schiavo della superstizione ma avverso alle pratiche religiose, non ha il potere di scongiurare, con sacrifici e preghiere. Si videro in cielo scontri di eserciti e sfolgorio di armi e, per improvviso ardere di nubi, illuminarsi il tempio. S’aprirono di colpo le porte del santuario e fu udita una voce sovrumana annunciare: «Gli dèi se ne vanno!» e intanto s’avvertì un gran movimento, come di esseri che partono. Ma pochi ricavavano motivi di paura; valeva per i più la convinzione profonda di quanto contenuto negli antichi scritti dei sacerdoti, che proprio in quel tempo l’Oriente avrebbe mostrato la sua forza e uomini venuti dalla Giudea si sarebbero impadroniti del mondo”.
Continuiamo la carrellata di “carri celesti” di cui parlano scrittori antichi con Plinio il Vecchio. Il secondo libro del suo “Naturalis historia” è una vera miniera. Riportiamone qualche stralcio (tra parentesi le date di riferimento):
“E per contro hanno visto molti soli contemporaneamente, né sopra lo stesso né sotto, ma di traverso, né vicino né contro la terra né di notte, ma o all’alba o al tramonto. Una volta, riferiscono, furono avvistati a mezzogiorno sul Bosforo, e durarono da quell’ora del mattino fino al tramonto. Anche gli antichi videro spesso tre soli, come sotto i consolati di Spurio Postumio e Quinto Muzio (174 a. C.), di Quinto Marcio e Marco Porcio (118 a. C.), di Marco Antonio e Publio Dolabella (44 a. C.), di Marco Lepido e Lucio Planco (42 a. C.), e nella nostra epoca si vide sotto il principato del Divino Claudio, durante il suo consolato con il collega Cornelio Orfito (51 d. C.). Più di tre insieme non furono mai visti alla nostra epoca. Anche tre lune, essendo consoli Gneo Domizio e Caio Fannio (122 a. C.), apparvero.
Riguardo a ciò che per lo più definirono soli notturni, una luce dal cielo fu vista di notte essendo consoli Caio Cecilio e Gneo Papirio (113 a. C.) e spesse altre volte, sì che la notte era illuminata come il giorno”. E ancora: “Strepito d’armi e suoni di tromba uditi dal cielo durante le guerre cimbriche (101 a. C.) ci è stato riferito, spesse volte sia prima che dopo. Inoltre nel terzo consolato di Mario (103 a. C.) dagli amerini e dai tudertini furono viste armi celesti (che provenivano) da oriente e da occidente e che tra di loro si scontravano, ed erano respinte quelle che erano (giunte) da occidente. Non c’è nessuna meraviglia nel vedere fiamme nello stesso cielo e spesso si sono viste nubi prese da un fuoco più grande”.
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