Il primo appuntamento della stagione teatrale con la regia di Roberto Monte e Francesco Pellizzari, mischia sapientemente musica e drammaturgia puntando su simbolismo e umanità
Se fosse possibile sintetizzare con una sola parola lo spettacolo “La novella secondo Faber” quella parola sarebbe fascinazione. E sì perché la piece andata in scena al teatro stabile La Locandina di Pagani tra novembre e dicembre, la prima del cartellone 2022/2023, attrae in maniera irresistibile lo spettatore quasi si trattasse di un incantamento.
Sono tanti gli aspetti che saltano all’occhio ma quello che subito colpisce è l’assenza di chiusura del sipario. Entrando in sala, la scena è già lì, scarna, apparentemente vuota come se fosse già tutto cominciato o come se gli eventi fossero lì ad aspettare in attesa di un disvelamento. C’è tanto di simbolico: ci sono veli che cadono e veli che restano su, macerie, carrucole, un cavallo di legno; c’è il tufo usato al centro della scena per costituire una rurale scultura, un altare forse. Non tutti gli elementi scenici saranno immediatamente percepiti, perché tutto starà anche nell’occhio, nel cuore e nella mente dello spettatore: il teatro non può essere passività, è soprattutto azione, catarsi, eventuale e spontanea interpretazione.
Veniamo allo spettacolo. La musica di Fabrizio De Andrè è ovviamente centrale, musica che diventa come un personaggio che aleggia nella narrativa della rappresentazione. Dopo l’introduzione, tratta da Pasolini e letta da Roberto Monte, coregista insieme a Francesco Pellizzari, si comincia con “Si chiamava Gesù” un brano non inserito ne “La buona novella” ma che consente un prepotente accesso nel mood dell’esperienza. Seguono poi tutti i brani tratti dal concept album uscito nel 1970, da “Laudate Dominum” fino a “Laudate Hominem”; le canzoni, opportunamente riarrangiate da Alfonso Calandra e dagli altri musicisti presenti sulla scena, si alternano a gesti scenici studiati, narrazione e drammaturgia, parole scritte da Pier Paolo Pasolini, dallo stesso De André ma anche dal napoletano Erri De Luca o tratte dai Vangeli apocrifi.
Il personaggio “principale” è il Cristo, raccontato attraverso le persone che si trovano intorno, come Maria, che passa dall’essere bambina all’essere madre, in un momento visivamente molto riuscito con il ripiegamento di un drappo bianco, simbolo universale di purezza. Il concetto stesso di maternità è preponderante nella l’interpretazione del testo “In nome della madre” di Erri De Luca, che attraverso le voci di Rosaria De Angelis, Teresa Oliva e Teresa Tedesco mette in luce la maternità di Maria da più punti di vista: la parte di una donna rassegnata alla perdita, forse cinica a trattima anche quella di una madre che vorrebbe alterare il destinoe crescere il figlio come tutti gli altrisenza pretese di divinità. Anche in questa scena l’uso dei veli, stavolta di colore rosso, scandisce un passaggio: dal divino all’umano. Perché lo scopo dell’album è proprio quello di sottrarre il divino e raggiungere una condizione umana: ed estremamente umani sono i personaggi di Anna, di Gioacchino ma anche dei ladroni, di Giuseppe e di Gesù.
{loadmoduleid 289}Verso la fine della piece c’è ancora tempo per la suggestione della croce, con le tre carrucole pronte a sorreggere tre pietre di tufo, coccolate dalle tre donne come si trattasse di figli e poi ineluttabilmente sacrificate. Sul finire quelle stesse pietre cadranno, facendo ripiombare nella realtà, rompendo la sospensione di incredulità creata, ma allo stesso tempo avviando un processo di riflessione, portando metaforicamente via, sulla strada di casa, quei piccoli macigni di pietra gialla.
Sulla scena, oltre ai già citati Teresa Oliva, Rosaria De Angelis, Teresa Tedesco, Francesco Pellizzari, in veste di attore e coregista insieme a Roberto Monte, che, coadiuvato dall’intero gruppo ha dato un forte apporto in termini di scenografia e drammaturgia, anche Livio Cuccurullo, narratore della vicenda. I musicisti sul palco sono stati Alfonso Calandra ed Enzo Donnarumma alle chitarre e alla voce, Isabella Marmo al flauto traverso e alla voce infine Raffaele Pica alle tastiere e alla voce. Essenziali alle luci, Renato Giordano e Rosario Brodetto.
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