Si autopromosse promotore della fede tra i Gentili e dai Dodici era definito “il menzognero”. Plasmò un Cristo redentore credibile per i pagani attingendo ad altri miti e al platonismo
Saulo di Tarso, per i cristiani San Paolo, è da considerarsi il vero inventore del Cristianesimo. Che infatti Gesù (Giosuè, in realà, come abbiamo già visto) fosse un ebreo osservante, ed addirittura rabbi, è ben chiaro nei testi del Vangelo. E di conseguenza Gesù/Giosuè non aveva alcuna intenzione di fondare un’altra religione!
Le prove? Vediamo ad esempio il capitolo 21 di Matteo, dove troviamo Gesù rispondere agli apostoli che gli chiedevano di esaudire una Cananea che gli chiedeva grazie: “Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d’Israele”. Ed ancora, in Matteo 10:5-6: “Questi sono i dodici che Gesù mandò, dando loro queste istruzioni: «Non andate tra i pagani e non entrate in nessuna città dei Samaritani, 6 ma andate piuttosto verso le pecore perdute della casa d’Israele». In Romani 15,8 leggiamo “Dico infatti che Cristo si è fatto servitore dei circoncisi in favore della veracità di Dio, per compiere le promesse dei padri“.
Sappiamo anche che Gesù fu allievo del maestro rabbi Hillel, che insegnava a seguire la legge non pedissequamente ma adattandola alle esigenze. Concetto che il Vangelo di Marco, al capitolo 2, riporta con la celebre frase “E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!»“.
Paolo, in realtà, si è inventato di sana pianta – ed in pieno contrasto con gli apostoli di Gerusalemme – sia la biografia di Gesù che le sue qualità di redentore, attingendo a piene mani dal platonismo e dal neoplatonismo oltre che da attributi di altre divinità del mondo greco e romano.
Ce ne fa un riassunto significativo san Giustino Martire, padre della Chiesa, nella sua Apologia, in cui, rivolgendosi in difesa dei cristiani all’imperatore Antonino Pio, scrive: “Quando noi diciamo che il Logos, che è il primogenito di Dio, Gesù Cristo il nostro Maestro, è stato generato senza connubio, e che è stato crocifisso ed è morto e, risorto, è salito al cielo, non portiamo alcuna novità rispetto a quelli che, presso di voi, sono chiamati figli di Zeus.
Voi sapete infatti di quanti figli di Zeus parlino gli scrittori onorati da voi: Ermete, il Logos interpretativo e maestro di ogni arte; Asclepio, che fu anche medico e, colpito dal fulmine, ascese al cielo; Dioniso, che fu dilaniato” (…) ed ancora: “Se poi, come abbiamo affermato sopra, noi affermiamo che Egli è stato generato da Dio come Logos di Dio stesso, in modo speciale e fuori dalla normale generazione, questa concezione è comune alla vostra, quando dite che Ermete è il Logos messaggero di Zeus. Se poi qualcuno ci rimproverasse il fatto che Egli fu crocifisso anche questo è comune ai figli di Zeus annoverati prima, i quali, secondo voi, furono soggetti a sofferenze“.
E l’Antico Testamento, allora, che cosa c’entra?
Assolutamente nulla. Per meglio vestire questa sua invenzione destinata esclusivamente ai non ebrei Paolo di Tarso “crea” un legame che storicizzi la vicenda di Gesù, facendolo diventare figlio di Yahweh, “Dio” di Giacobbe e dei suoi eredi promosso dopo il ritorno dall’esilio di Babilonia a Dio della nazione ebraica. Ma anche di questo parleremo.
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