Il comico, da poco 81enne, calca ancora le scene con la stessa energia che aveva ai suoi esordi. Stasera è al Sociale di Biella con “La traviata secondo Beruschi”
Ha da poco compiuto 81 anni ma continua ad avere la stessa verve di quando, negli anni dall’83 all’88, ci deliziava con le sue gag portate in scena con l’aiuto di Margherita Fumero nella parte della moglie gelosa e petulante.
Stiamo parlando di Enrico Beruschi, il cui tormentone “E alloooooooraaa” risuona ancora nelle orecchie di chi ha almeno 40 anni e seguiva il vulcanico programma dell’allora giovane autore Antonio Ricci.
Beruschi, che ricorda di aver recitato anche al Teatro Diana, si è raccontato ai nocerini attraverso il nostro quotidiano.
– Enrico, quest’anno compi 50 anni di carriera in palcoscenico. Ma nell’anno del tuo esordio eri un brillante ragioniere della Galbusera. La tua “prima volta” in scena al Derby com’è nata?
«La Galbusera allora era una piccola azienda, che ho visto crescere. La mia prima volta è stata il 5 novembre 1972, e son contento di aver conservato uno di quei ritagli che apparivano sul Corriere della Sera, con scritto in grande Cochi e Renato, in piccolo Gianni Magni e, ancora più piccolo, Enrico Beruschi. Era per me un gioco, un hobby. Non pensavo certo di iniziare una nuova carriera. Ricordo che Gianni Bongiovanni, mitico proprietario del Derby, mi pagava 4mila lire a sera: il prezzo di un ingresso con consumazione, in pratica. Tra l’altro Cochi e Renato erano i miei compagni di scuola, e mi sentivo in quel locale non il direttore commerciale della Galbusera, ma un ragazzino di 15 anni che rifaceva i casini che si facevano a scuola».
– Un gioco, ok, ma fino a un certo punto: dopo due anni ti sei licenziato dalla Galbusera…
«Guarda, in quei due anni lavoravo anche 10 ore alla Galbusera e poi la sera andavo al Derby. A volte dormivo un po’ tra le 19 e le 21 per recuperare, ma davvero non so come facevo a stare in piedi! Ma ero intanto diventato un personaggio da cabaret».
– E l’esordio televisivo a “Qua la zampa”, trasmissione per bambini?
«Non me ne parlare! Scappai via dopo che vidi litigi furibondi in redazione. Credo ci abbiano visti solo i parenti», ci dice scoppiano in una sonora risata.
– Poi però sono arrivate “La sberla”, “Non stop”, “Luna Park”, film e tanto altro, fino all’apoteosi di “Drive In”…
«Continuo volentieri a parlare di “Non stop” perché è stato il programma che ha cambiato il modo di fare pubblicità in Rai, nato da un’idea e con il sostegno iniziale di Pippo Baudo. Per “Drive in”, era tutto allegro e divertente e tutti ci consideravano un po’ matti. Ricordo le parole di Freccero, capo del palinsensto, che ci disse: “Allora, ragazzi, siamo su Italia 1. Se fate un milione e mezzo di spettatori vi facciamo un monumento”. Ed io risposi: e se ne facciamo tre? È finita che abbiamo superato i sei milioni», dice con un giustificato orgoglio.
– Parliamo dei nuovi comici che affollano trasmissioni come Zelig, dove pure ci sono cose pregevolissime, ed altri programmi simili. Ad alcuni di loro cosa diresti?
«Mah … molti studiano a memoria delle cose scritte … Non hanno le abilità che avevamo noi sui monologhi. E poi: perché continuano a dire parolacce? Chiudono sulle parolacce e la gente applaude. Ecco, anche il pubblico è cambiato. Faccio un esempio: quando cantano appena va su la nota tutti applaudono. Un fenomeno che si verifica in certe serate, pensa un po’, anche alla Scala. Diamine! Si lascia finire l’ultima nota della musica prima di applaudire! E poi, i comici che ridono alle loro battute proprio non si possono vedere! E magari dicono anche scemate. E la gente applaude…
Mi piacerebbe che anche questi comici provassero il piacere del divertimento nel fare, anche dietro le quinte. Come è sempre stato per me e per quanti ho incontrato al Derby, a Non stop, a Drive in».
– Hai progetti immediati di spettacoli?
«Si, stasera alle 21 al Sociale di Biella, lo spettacolo «La Traviata secondo Beruschi», con il mio sistema: il piano, tre/quattro cantanti, io che racconto la vicenda. Questo per riabituare le persone alla lirica. Tra qualche settimana leggerò, per un Rotary, Guareschi, che ha un pregio: fa ridere anche solo a leggerlo».
Grazie Enrico, spero che tu possa strapparci ancora sorrisi a lungo.{loadmoduleid 289}